Il governo italiano stoppa la cessione di Verisem a Syngenta

Soddisfazione di Coldiretti per l’evitata cessione della maggiore azienda italiana produttrice di sementi alla Cina. Intanto, i prezzi dell’imballo e del trasporto esplodo rispetto a quelli del prodotto agricolo contenuto. 

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La multinazionale cinese Syngenta non acquisirà Verisem, azienda romagnola depositaria di un pezzo del patrimonio genetico nazionale di biodiversità fatto di sementi conservate da generazioni di agricoltori.

Soddisfatta Coldiretti per l’azione del Governo italiano: «si è opposto alla cessione, usando per la prima voltanell’alimentare italiano il potere di blocco della “Golden Power” in difesa di un settore strategico. Ed è un bene – ha detto il presidente Coldiretti, Ettore Prandini -: la Coldiretti, insieme a Filiera Italia, è stata la prima a richiedere un intervento del Governo per impedire il passaggio in mani cinesi di una realtà strategica per la sovranità alimentarenazionale. Syngenta è controllata dal un colosso statale cinese Chem China attivo in vari settori tra cui quello degli agrofarmaci, il cui presidente è Ming Gaoning, ex alto funzionario del partito comunista cinese. L’acquisizione di Verisem avrebbe spostato in Asia gli equilibri strategici mondiali sul controllo delle sementi per la produzione di ortaggi ed erbe aromatiche aggravando una situazione in cui già 2 semi su 3 (66%) sono in mano a quattro multinazionali straniere».

La Verisem, che ha 198 dipendenti in Italia, 62 negli Stati Uniti e 20 in Francia e 4 fra Russia e Slovenia, è una delle più importanti realtà nel campo delle sementi, genera un importante indotto e custodisce un patrimonio di conoscenze scientifiche e tecniche produttive che ne fanno un asset di rilevanza strategica per la difesa della sovranità alimentare in un momento storico in cui – sottolinea la Coldiretti – gli effetti dell’emergenza Covid su commercio internazionale e consumi hanno fatto emergere l’importanza vitale del cibo e degli approvvigionamenti alimentari».

Intanto, sempre Coldiretti denuncia il raddoppio dei costi di lavorazione dei prodotti agricoli, ad iniziare dagli imballaggi ed il trasporto: con il rincaro dei costi energetici che si trasferisce sui costi di produzione nella filiera agroalimentare come quello per gli imballaggi, a Natale si pagherà più la bottiglia che il pomodoro in essa contenuto.

Il boom delle quotazioni per i prodotti energetici e le materie prime si riflette sui costi di produzione del cibo ma anche su quelli di confezionamento, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi. Il risultato è che, ad esempio, in una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro (al netto delle promozioni), oltre la metà del valore (53%), secondo la Coldiretti, è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, solo l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità.

Ma ad impennarsi sono anche i costi di produzione in agricoltura per effetto dei rincari delle materie prime che fanno quasi raddoppiare la spesa per le semine, secondo l’analisi della Coldiretti, con un effetto valanga sulla tenuta dei bilanci delle aziende e per le forniture alimentari in settori deficitari, dal grano alla carne fino al latte.

Con l’avvio delle operazioni colturali autunnali gli agricoltori sono costretti ad affrontare rincari fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione. Il rincaro dei costi energetici riguarda anche il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi ma ad aumentare sono pure i costi per l’acquisto dei fertilizzanti, delle macchine agricole e dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando addirittura preoccupanti ritardi nelle consegne.

L’emergenza Covid ha innescato inoltre un cortocircuito sul fronte delle materie prime con rincari insostenibili per l’alimentazione degli animali nelle stalle dove e necessario adeguare i compensi riconosciuti agli allevatori per il latte e la carne. Infatti – spiega la Coldiretti – le quotazioni dei principali elementi della dieta degli animali, dal mais alla soia, sono schizzati su massimi che non si vedevano da anni con il rischio di perdere capacità produttiva in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria per i prodotti zootecnici.

Ma la situazione è pesante anche sul fronte dei costi di trasporto con il rincaro di noli marittimi e costi dei container che sono schizzati ai massimi e si stanno verificando pesanti ingorghi e ritardi. Su questo scenario pesa il deficit logistico italiano per la carenza o la totale assenza di infrastrutture per il trasporto merci che costa all’Italia oltre 13 miliardi di euro con un gap che penalizza il sistema economico nazionale rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea.

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