Rischio stagflazione sempre più concreto per l’economia italiana

Per la Cgia il risultato determinato dai fortissimi rincari di energia e materie prime. Per Unimpresa serve un drastico cambio di rotta delle politiche economiche del governo. 

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Cala la fiducia indice pmi rischio stagflazione

Il rischio stagflazione per l’economia italiana non è immediato, ma il pericolo che stia scivolando lentamente verso questatempesta perfetta è molto elevato. La stagflazione, un termine ai più sconosciuto, si manifesta raramente quando ad una stagnazione economica si affianca un’inflazione molto alta che fa impennare il tasso di disoccupazione.

A lanciare l’allarme per il rischio stagflazione sono l’Ufficio studi della CGIA e quello di Unimpresa.

Secondo la Cgia, il rischio stagflazione è legato ad un quadro economico che potrebbe verificarsi anche in Italia, così come già è successo nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso. Non nel 2022, anche se l’andamento sembra essere segnato: le difficoltà legate alla post-pandemia, gli effetti della guerra in Ucraina, le sanzioni economiche alla Russia, l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici rischiano, nel medio periodo, di spingere l’economia verso una crescita pari a zero, con una inflazione che si avvierebbe a sfiorare le due cifre. Uno scenario che potrebbe rendere pressoché inefficaci persino i 235 miliardi di euro di investimenti previsti nei prossimi anni dal PNRR.

Bisogna tagliare le tasse e la spesa corrente

Contrastare il rischio stagflazione è un’operazione estremamente complessa. Per invertire la spinta inflazionistica, gli esperti sostengono che le banche centrali dovrebbero contenere le misure espansive e aumentare i tassi di interesse, operazione che consentirebbe di diminuire la massa monetaria in circolazione. E’ evidente che avendo un rapporto debito/Pil tra i più elevati al mondo, con l’aumento dei tassi di interesse l’Italia registrerebbe un deciso incremento del costo del debito pubblico, già molto forte. Altresì, bisognerebbe intervenire simultaneamente almeno su altri due versanti: in primo luogo, attraverso la drastica riduzione della spesa corrente e, in secondo luogo, con il taglio della pressione fiscale, unici strumenti efficaci in grado di stimolare i consumi e per questa via alimentare anche la domanda aggregata di beni e servizi. Operazioni, queste ultime, non facili da applicare in misura importante, almeno fino a quando non verrà “rivisto” il Patto di stabilità a livello europeo.

Attenzione anche alla spirale “prezzi-salari”

Su 992 contratti di lavoro depositati presso l’Archivio nazionale dei contratti pubblici e privati del CNEL, al 31 dicembre scorso 622 risultavano scaduti (il 62,7%). Solo nella seconda parte del 2021, le associazioni datoriali assieme alle sigle sindacali ne hanno rinnovati 363. E’ evidente che con un numero elevato di contratti da rinnovare, le “responsabilità” in capo alle parti sociali saranno importantissime. Con un’inflazione che quest’anno sfiorerà il 4%, si deve assolutamente evitare di alimentare la spirale “prezzi-salari” che verso la fine degli anni ’70 contribuì a far schizzare il caro vita a un livello superiore addirittura al 20%. Così, come in parte già si sta facendo, con il rinnovo dei contratti nazionali va sviluppata maggiormente la contrattazione di secondo livello (territoriale o aziendale), potenziando, in particolar modo, il ricorso al welfare aziendale anche per calmierare il caro-vita e allo stesso tempo gratificare, a costi più contenuti di quelli offerti dal mercato, i bisogni di beni e servizi dei lavoratori e/o delle loro famiglie.

L’escalation dei prezzi delle materie prime  

Come era prevedibile, dopo 16 giorni dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, i prezzi delle principali materie prime sono schizzati all’insù, provocando non pochi problemi a tantissime imprese, molte delle quali erano già fiaccate dagli effetti della pandemia che aveva contribuito a diminuire enormemente l’offerta di una buona parte di questi materiali. Della dozzina di voci monitorate, quella che tra il 23 febbraio scorso e ieri ha subito la variazione di prezzo più importante è stato il nickel (+93,8%). Seguono il gas (+48%), il granoturco (+30,3%), il frumento tenero (+29,2%), l’acciaio (+25,1%) e il petrolio (+16,3%). Con variazione negativa, invece, scorgiamo il piombo (-1,3%) e lo stagno (-2,1%).

L’utilizzo e i Paesi di provenienza delle materie prime/merci monitorate

Acciaio: viene usato nell’edilizia/costruzioni, nelle infrastrutture, nell’industria ferroviaria, nelle auto, nella costruzione delle piattaforme e trivelle, nella realizzazione degli impianti di estrazione, nelle tubazioni per l’industria chimica e petrolifera, nella costruzione delle centrali elettriche, etc. I principali paesi produttori nel mondo sono: Cina, Giappone, India, USA, Russia e Corea del Sud.

Alluminio: viene utilizzato sia allo stato puro sia nelle leghe che forma con basse percentuali di rame, manganese, magnesio e altri componenti. Ciascuna lega presenta specifiche proprietà che la rendono adatta per le testate dei motori, le biciclette, gli aerei, le imbarcazioni, le linee elettriche, gli imballaggi, le costruzioni, i radiatori, gli isolanti termici, gli elettrodomestici, i computer, etc. I principali produttori mondiali sono: Cina, Russia, India, Canada, Emirati Arabi e Australia.

Farina di soia: è particolarmente indicata per la preparazione di impasti lievitati e non, dolci e salati, come pane, pizza, cornetti e brioches. Altresì, è utilizzata come integratore proteico nell’alimentazione del bestiame (bovini, suini e avicoli). I maggiori produttori al mondo di soia sono: USA, Brasile, Argentina, Cina, India e Paraguay.

Frumento: dalla trasformazione di questo prodotto si ottiene, in particolar modo,  la farina, il pane e la pasta. I principali Paesi produttori al mondo sono: Cina, India, Russia, USA e Canada.

Granoturco: dalla lavorazione di questo prodotto si ottiene, in particolar modo, la polenta, il pop corn, l’olio di mais, etc. Viene usato anche come alimento per galline, suini e mucche da latte. I principali Paesi produttori al mondo sono: USA, Cina, Brasile, Argentina e Ucraina.

Nickel: è impiegato in siderurgia per produrre acciaio inox e serve per la realizzazione delle batterie delle auto elettriche e per altri sistemi di accumulo. Altresì, il metallo puro è adoperato nella fabbricazione di utensili e nella preparazione di numerose leghe, tra le quali hanno grande importanza quelle con il ferro, rame, cromo, zinco, dotate di particolare resistenza alla corrosione, al calore o che presentano un basso coefficiente di dilatazione termica, elevata resistività elettrica, etc. I principali paesi produttori del mondo sono: Indonesia, Filippine, Nuova caledonia, Russia e Canada.

Piombo: è usato per la fabbricazione dei tubi per le condutture, di lastre usate nelle camere a piombo, per la confezione di recipienti, per l’industria chimica, per la fabbricazione di piastre di accumulatori elettrici, per il rivestimento di cavi elettrici. Per il suo elevato potere assorbente nei riguardi di radiazioni ionizzanti è usato per fabbricare recipienti schermati, guanti e indumenti radiologici, etc. I principali paesi estrattori del mondo sono la Cina, Australia, USA, Perù, Messico e Russia.

Rame: è impiegato nei conduttori elettrici, nelle tubazioni o come catalizzatore – sia nelle leghe con altri metalli – dando origine a bronzi e ottoni. I principali paesi estrattori del mondo sono Cile, Cina, Perù, USA e Congo.

Stagno: è utilizzato principalmente per ricoprire, a scopo protettivo, superfici di acciaio, di rame e di altri metalli, allo scopo di proteggerli dagli agenti atmosferici, o da altre sostanze, e di prevenirne l’ossidazione, oppure è usato in lega con il piombo per le saldature elettriche. I principali paesi estrattori del mondo sono: Cina, Indonesia, Myanmar, Perù, Bolivia e Brasile.

Zinco: viene usato soprattutto come rivestimento di lamiere, di materiali ferrosi e come componente di numerose leghe, in particolar modo l’ottone e l’argentana. Notevole è anche l’impiego del metallo come anodo di sacrificio per proteggere dalla corrosione grande strutture di acciaio interrate o immerse nell’acqua. In medicina i sali di zinco sono usati come astringente e antisettico. I principali paesi estrattori del mondo sono: Cina, Australia, Perù, Canada, Usa e India.

Secondo il Centro studi Unimpresa, l’inflazione in Italia è destinata a crescere ancora sistematicamente e arrivare, a giugno, all’8,4%, basando la previsione sull’inflazione con il prezzo del petrolio fino a 150 dollari al barile entro il mese di giugno, mentre, col petrolio a 120 dollari, il caro-vita potrebbe attestarsi al 7,5%: in entrambi i casi una accelerazione significativa che corre il rischio di pregiudicare la crescita economica prevista per il 2022 attorno al 4%. Le pressioni inflattive, cagionate principalmente dall’incremento del petrolio, potrebbero far perdere almeno un punto percentuale di prodotto interno lordo quest’anno e portare a un pesante rischio stagflazione nel 2023, cioè crescita zero e caro-vita galoppante.

Per il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro, «il premier Mario Draghi, al fine di placare la montante angoscia collettiva di famiglie e imprese, ha condannato gli allarmismi, ma non ha escluso un esito così drammatico. Un’economia di guerra, con tutti i risvolti di ordine pubblico (accaparramenti, disordini e mercato nero dei beni di prima necessità), metterà duramente alla prova tutte le istituzioni pubbliche, centrali e periferiche, a tutela della comunità nazionale. Onde evitare il prevedibile caos e una mobilitazione improvvisata, Unimpresa si augura che il governo abbia già predisposto un piano nazionale, a partire dagli stoccaggi e dai razionamenti, che disciplini e sanzioni, in ogni aspetto, un’evenienza così estrema. Un piano fondato sul raccordo organico tra Stato, Regioni ed enti pubblici collegati, in un quadro di reciproche, chiare e incontestabili competenze. Sarebbe da irresponsabili e da inetti lasciarsi sorprendere da una seconda anarchia istituzionale, come quella del 2020, dopo che il governo Conte dichiarò, il 31 gennaio, l’emergenza sanitaria nazionale, senza avere uno straccio di piano antipandemico, con l’indecente teatrino di contrasti, tra governo e regioni, che ebbe, per mesi, a seguirne».

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