Superbonus 110%, nuovo stop: le banche non scontano più le fatture

Dopo che il governo Draghi, per limitare le truffe, ha limitato la cessione dei crediti, gli istituti bancari hanno esaurito la loro capacità fiscale. 

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Il “Superbonus 110%”, il provvedimento grillino nato decisamente sotto una cattiva stella, vuoi per le truffe miliardarie che ha innescato assieme al suo gemello “Bonus facciate” per quasi 5 miliardi di euro, vuoi per i continui cambi delle regole in corsa, ha centrato un nuovo stop, questa volta sul fronte degli acquirenti dei crediti fiscali, le banche.

Dopo che il governo Draghi aveva limitato a soli tre passaggi la possibilità di cessione dei crediti, di fatto i destinatari finali delle fatture scontate sono diventate le banche, le quali non hanno una capacità di acquisto infinita, ma possono operare fino alla capienza dei loro carichi fiscali. Cosa rapidamente raggiunta, visto che i due più grandi istituti di credito italiani, Intesa Sanpaolo e Unicredit, hanno annunciato di essere prossimi all’esaurimento della loro capacità di assorbimento con conseguente blocco dell’acquisto di nuovi crediti.

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Intesa ha annunciato di avere rilevato dal mercato circa 4 miliardi di crediti e 1,2 miliardi ha fatto Unicredit: sono cifre ingenti, che evidenziano come la riqualificazione degli immobili in Italia – specie se a completo carico dello Stato – sia un’esigenza diffusa, soprattutto se si considera che il 70% del patrimonio edilizio nazionale risale a prima degli anni Settanta del secolo scorso ed è quasi tutta nella classe energetica peggiore.

Se, da un lato, il “Superbonus 110%ha innescato un risveglio dell’edilizia e un volano nelle nuove tecnologie legate al risparmio energetico, dall’altro l’aver previsto la ristrutturazione degli immobili di fatto gratuita a carico dello Stato ha innescato una serie di pesanti distorsioni: dette in apertura delle colossali truffe permesse dal fatto di non avere accompagnato la norma con adeguati controlli e vincoli, l’altro grave problema innescato dal meccanismo del “Superbonus 110%” è stato l’innesco della speculazione sui prezzi legati ai materiali edili e del risparmio energetico, tanto paga lo Stato, quindi tutti i cittadini in termini di maggiori tasse o di maggiore deficit.

Qui l’errore è stato non avere previsto anche una minima compartecipazione alle spese di riqualificazione degli immobili da parte dei proprietari, cosa che avrebbe ridotto l’esborso pubblico ed indotto i proprietari a tenere d’occhio i costi della ristrutturazione, visto che una fetta (almeno il 30% della spesa) avrebbe dovuto essere a carico loro. Ma le menti grilline non ci hanno pensato, anzi hanno fatto battage all’insegna che lo Stato ristruttura le case degli italiani, salvo non pensare affatto – come ormai largamente dimostrato – all’esito sui conti pubblici delle loro facili demagogie.

Il governo Draghi è ora all’opera per trovare una soluzione, per evitare che il volano delle ristrutturazioni s’inceppi, oltre che per evitare che siano i cittadini a dovere pagare il costo dell’insipienza pentastellata.

La soluzione migliore, oltre ad abbassare considerevolmente la soglia a carico dello Stato, è di allungare la portata temporale del “Superbonus 110%” dagli attuali tre anni ad almeno 10, anche per consentire la riqualificazione di una fetta più ampia di immobili, visto che fino ad ora sono stati riqualificati meno di 100.000 immobili sugli 11 milioni che ne avrebbero la necessità.

Buona visione.

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