Latte sintetico: per la Commissione Ue non si può vendere come “latte”

Lo ha precisato il commissario Wojciechowski rispondendo a un'interrogazione dell’eurodeputata. Mara Bizzotto (Lega). 

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quote latte

Aveva fatto scalpore la notizia con cui la startup danese Remilk si appresta ad aprire l’impianto più grande al mondo su un’area di 70.000 metri quadrati a Kalundborg per la produzione di un latte sintetico che punta sostituire il latte bovino e ovino sull’altare della sostenibilità ambientale e il minore inquinamento.

Peccato che il prodotto di Remilk, la quale ha raccolto ben 120 milioni di dollari di capitale di investimento, produca la sua bevanda alimentare tramite un complesso processo di fermentazione di precisione in reattori chiusi partendo da basi vegetali, che utilizza lieviti per produrre imitazioni delle proteine del latte (caseina e siero) senza ricorrere agli animali con, secondo l’azienda, risultati organolettici indistinguibili dalle proteine del latte vaccino.

L’amministratore delegato dell’azienda, Aviv Wolff, ha dichiarato «stiamo producendo prodotti caseari identici ai prodotti a base di latte vaccino, con lo stesso gusto, consistenza, elasticità e scioglievolezza (…). Intendiamo aumentare enormemente le nostre capacità di produzione per produrre prodotti lattiero-caseari nutrienti, deliziosi e convenienti che manderanno le mucche in pensione anticipata».

Inizialmente l’azienda punta a servire caseifici e industrie di trasformazione ma nel futuro punta a raggiungere i consumatori finali con linee di prodotti “animal-free”.

Un prodotto, il latte sintetico, che ha fatto reagire gli allevatori che si sentono minacciati nella loro attività, già messa a repentaglio dal caro energia e dal caro alimenti per il bestiame, oltre che preoccupare i consumatori per la messa in commercio di un prodotto largamente artificiale e di sintesi su cui non ci sono ancora sufficienti studi sugli effetti del suo consumo umano.

Ma a fare arrabbiare gli allevatori e i trasformatori del latte autentico è stato l’utilizzo da parte di Remilk del termine latte”, ribadito e ripetuto proprio dal suo amministratore, tanto da sollecitare l’eurodeputata vicentina della Lega Mara Bizzotto a chiedere lumi alla Commissione europea su cosa intenda fare per tutelare gli allevamenti europei e i prodotti tradizionali, spesso a denominazione di tutela europea la nuovo latte sintetico.

Il commissario all’agricoltura, il polacco Janusz Wojciechowski, a nome della Commissione europea ha risposto come «la Commissione è a conoscenza dello sviluppo di tecnologie quali la fermentazione di precisione per l’elaborazione di prodotti di origine animale. La Commissione non si oppone allo sviluppo di nuove tecnologie per la produzione alimentare, purché siano conformi alle norme dell’UE, in particolare le norme in materia di sicurezza alimentare e di commercializzazione». Aspetto, quello relativo alla sicurezza alimentare, che pare non sia ancora del tutto acclarato.

Nella risposta di Wojciechowski a Bizzotto c’è un passaggio interessante: «i prodotti menzionati dall’onorevole deputata non possono essere commercializzati nell’UE come “latte” o “prodotti lattiero-caseari”, dato che, ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/20132, il “latteè esclusivamente il prodotto della secrezione mammaria normale, ottenuto mediante una o più mungiture, senza alcuna aggiunta o sottrazione». Un passaggio decisamente interessante, ma che fa a pugni con un precedente provvedimento tenuto dalla stessa Commissione, quando per i prodotti vegetali sostitutivi della carne animale è stato concesso l’utilizzo del lemmacarne” a prescindere dalla presenza della carne vera. Anche qui, la Commissione (e i suoi funzionari) dovrebbero darsi una regolata, per evitare di disorientare i consumatori nelle loro scelte alimentari.

Infine, secondo la Commissione europea, «dai registri non risulta che l’azienda citata dall’onorevole deputata abbia ricevuto sovvenzioni agricole nel 2021 o nel 2022». Probabilmente, sono bastati i ricchi finanziamenti delle solite multinazionali che sono immediatamente balzate su un carro che promette – sulla carta – utili miliardari.

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