Energia nucleare, una reale scelta di buon senso per l’Italia?

Scenario difficile, complicato anche dal fatto che la politica non è ancora riuscita ad accordarsi sulla localizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari. In arrivo la fusione nucleare. 

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Oltre che di caro energia, la politica in campagna elettorale si occupa anche di come produrre l’energia che serve al Paese, visto che è largamente importatore sia di energia primaria (petrolio, gas, carbone) che di energia elettrica (circa il 15% del fabbisogno nazionale), e il nucleare torna di stretta attualità tra i favorevoli e i contrari.

Il problema che la politica dovrebbe porsi, oltre al facile dilemmanucleare sì, nucleare no”, è relativo ai costi e ai tempi di realizzazione, oltre alle implicazioni strategiche e militari, che una tale scelta comporterebbe, visto che l’Italia, dopo i referendum del 1987 (a seguito del disastro di Chernobyl) e del 2011, ha smantellato le quattro centrali nucleari che possedeva e azzerato l’intera filiera tecnologica e produttiva.

Oggi politici che usano il nucleare a mo’ di un collutorio per gargarismi, che parlano a vanvera senza avere la minima infarinatura tecnica di quello che stanno dicendo (facendo le conseguenti figure di palta che ne minano la credibilità), parlano di realizzare almeno 40 GigaWatt di energia di fonte nucleare (qualcosa pari a una ventina di centrali da 2.000 Mw ciascuna: impianti decisamente grandi ed impattanti, difficili anche da localizzare)  – il capoclasse di Azione, Carletto Calenda – e centrali di terza o quarta generazione (quando si è arrivati solo alla terza generazione con un unico impianto realizzato in funzione in Finlandia, quello di Olkiluoto 3, costato 4 volte il preventivato e entrato in servizio dopo 15 anni di realizzazione) – il capitan mojito della Lega, Matteo Salvini -.

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La centrale nucleare Olkiluoto Finlandia di 3 generazione.

Entrambi i due ascari del ritorno al nucleare nazionale dimenticano di fare i conti con la realtà, che dovrebbe partire da una serie di decisioni politiche. La prima è quella relativa al deposito di rifiuti nucleari di bassa e media attività, necessità cui l’Italia ha un drammatico bisogno per mettere al sicuro tutti i rifiuti nucleari derivanti dall’attività medica ed industriale, oltre che da parte dello smantellamento delle centrali nucleari italiane, su cui l’Europa sta per avviare una procedura d’infrazione per non avere rispettato i tempi di realizzazione. Sarebbe bello che in campagna elettorale la politica – ad iniziare da Salvini e Calendaavesse il coraggio di discutere a viso aperto la localizzazione del deposito nazionale, prendendosi le responsabilità di decisioni impopolari ma indispensabili. Solo dopo, la politica sarebbe autorizzata di discutere di nucleare.

Una discussione che dovrebbe porsi anche un ulteriore domanda: investire sull’energia nuclearetradizionale” da fissione dell’uranio (che apre al discorso della dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento del materiale fissile e sulla proliferazione militare) o se andare dritti verso la fusione nucleare, che aprirebbe uno scenario decisamente differente, molto più sostenibile e meno impattante. Per finire con quella relativa ai costi del nucleare di terza generazione, che sfonda ogni limite di convenienza economica.

Scelte che vanno ben oltre la minima capacità di elaborazione dei politici in servizio e di quelli in rampa di lancio e il rischio è che la politica scimmiotti decisioni strategiche prese altrove che non fanno il bene dell’Italia e del rafforzamento della sua indipendenza energetica.

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