Attenti alla “shrinkflation”: confezioni di prodotto allo stesso prezzo ma con meno quantità

L'inflazione galoppante porta a ridurre occultamente la dose delle confezioni, mantenendo il prezzo invariato (o aumentandolo). La risposta cerchiobottista della Commissione europea. 

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shrinkflation

Si chiama “shrinkflation”, parola inglese che viene dall’unione di “shrinkage” (contrazione) e “inflation” (inflazione), fenomeno che consiste nella riduzione delle confezioni, o della quantità al loro interno, di prodotti di largo consumo, mantenendo però lo stesso prezzo, talvolta pure aumentandolo leggermente. In epoca di inflazione alle stelle, il consumatore deve fare attenzione anche a questa nuovatendenzacommerciale: la spesa costa cara, ma pesa meno perché, spesso, biscotti, merendine, detersivi e altro contengono meno prodotto del solito.

La “shrinkflationnon è l’ultima novità in tema di grande distruzione: si tratta di una tendenza(negativa) che si osserva da anni. Si tratta di un’operazione di marketing commerciale che spesso si accompagna al restyling del prodotto o della confezione: la confezione cambia in qualche particolare estetico, oppure si aggiunge qualche ingrediente, ma il contenuto diventa più leggero, diminuisce, contrariamente al prezzo che, invece, aumenta.

Di “shrinkflation” in Italia si parlava già nel 2018: in ambito anglosassone, invece, era un fenomeno più conosciuto perché negli anni era stato segnalato il rimpicciolimento di diversi prodotti, soprattutto cioccolato e beni per l’igiene personale, come il dentifricio: rotoli di carta igienica che passavano da 250 strappi a 230; barrette di cioccolato che pesavano di meno; 75 ml di prodotto nel dentifricio invece di 100 ml; bevande in lattina che in alcuni casi sono passati da 33 ml a 25 ml. Ora il fenomeno viene segnalato con frequenza anche in Italia, non da ultimo con il cambiamento di formato di diverse colombe nel periodo pasquale.

L’Antitrust sta monitorando il fenomeno per verificare se le strategie dei produttori non finiscanoper rappresentare una pratica commerciale scorretta. Quello che per l’Antitrust rileva non è tanto la riduzione del prodotto in sé ma gli aspetti legati alla trasparenza, perché la riduzione di contenutodeve essere immediatamente percepibile dal consumatore sull’etichetta del prodotto. Il cambio di formato deve essere trasparente in etichetta.

Di “shrinkflation” si è occupata in modo cerchiobottista anche la Commissione europea su sollecitazione di un’interrogazione presentata dall’eurodeputata leghista Mara Bizzotto. Nella risposta, la Commissione si dice al corrente della questione, affermando come «il diritto dell’UErelativo alla tutela dei consumatori non limita la libertà dei professionisti nella fissazione dei prezzi al dettaglio o nello stabilire la dimensione o la quantità dei loro prodotti, la direttiva sulle pratiche commerciali sleali (direttiva PCS), la direttiva sui diritti dei consumatori e la legislazione settoriale, ove d’applicazione, impongono di indicare chiaramente il prezzo totale di un prodotto e le sue principali caratteristiche, come la dimensione. Inoltre, l’articolo 6 della direttiva PCS vieta ai professionisti di porre in atto vari tipi di pratiche commerciali ingannevoli che altrimenti non avrebbe altrimenti preso. In funzione di una valutazione caso per caso, tali pratiche potrebbero anche consistere in una presentazione complessiva fuorviante del prodotto, in un modo che inganni o possa ingannare il consumatore medio quanto alla dimensione del prodotto».

Secondo la Commissione «l’applicazione del diritto dell’UE relativo alla tutela dei consumatoririentra nelle competenze degli Stati membri. La direttiva PCS consente alle autorità nazionali e agli organi giurisdizionali di valutare e far cessare tali pratiche qualora ingannino il consumatore medio. Le autorità nazionali sono al corrente di tali pratiche, procedono alla vigilanza del mercato e se del caso adottano misure. I consumatori sono invitati a segnalare tali pratiche alle autorità competenti del loro Stato membro».

Insomma, da Bruxelles la palla passa nuovamente ai governi europei, ciascuno in libero di agirecome vuole, alla faccia delle multinazionali dell’alimentazione globalizzata che continuano a fare a loro piacimento.

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