Volkswagen nuove grane giudiziarie per il gruppo automobilistico

Sei piccoli azionisti fanno causa per le attività di lobby e gli obiettivi climatici promessi. 

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Gruppo Volkswagen

Dopo lo scandalo delle emissioni truccate delle centraline dei motori Diesel per risparmiare sugli investimenti necessari per il passaggio dallo standard Euro5 ad Euro6, con la condanna a risarcire danni miliardari ad acquirenti e agli stati per il mancato rispetto delle norme ambientali, con un notevole danno reputazionale, per Volkswagen arriva ora una nuova grana giudiziaria che ha sullo sfondo sempre la questione ambientale.

Sei investitori istituzionali, i fondi pensione svedesi AP7, AP2, AP3, AP4, quello daneseAkademikerPension l’inglese Church of England Pensions Board hanno citato in giudizio il gruppo Volkswagen davanti al tribunale di Braunschweig, contestando la sua adesione alle varie associazioni industriali di rappresentanza del settore automobilistico perché, secondo i denuncianti, l’appartenenza a organismi come l’Acea giustamente molto fredda sul fantasmagorico piano europeoFit for 55” – contrasterebbe con le dichiarazioni rese in pubblico dai vertici aziendalisull’importanza della transizione verso la mobilità elettrica.

Tema del contendere secondo i sei ricorrenti è stata la bocciatura da parte del gruppo Volkswagennel corso dell’ultima assemblea degli azionisti di inserire una specifica modifica allo statuto socialerelativa all’articolo sull’associazionismo. I ricorrenti avevano presentato un emendamento volto a garantire che la futura reportistica sulla sostenibilità includesse una valutazione dell’impatto delle attività di lobbying del gruppo e la loro coerenza con gli obiettivi climatici da conseguire fissati dall’Unione europea, che sono in netto contrasto con le azioni messe in campo da Acea, tali da esporre la società e gli azionisti a danni operativi e reputazionali.

Wolkswagen ha respinto la proposta di integrazione ritenendo che la questione esulasse dalla competenza dell’assemblea generale, tema su cui sarà chiamato a pronunciarsi il tribunale di Braunschweig.

C’è da evidenziare come i sei ricorrenti – che detengono lo 0,1% del capitale del gigante tedesco – abbiano dei pregressi in campo di contestazione del comportamento delle aziende in cui vanno ad investire in tema di politiche ambientali: essi fanno parte dell’Institutional Investor Group on Climate Change (IIGCC) e della Climate Action 100+ Initiative e AkademikerPension e Church of England Pensions Board, insieme ad altri investitori istituzionali scandinavi, l’anno scorso hanno contestato le grandi case automobilistiche, come Toyota, colpevoli a loro avviso di non investire adeguatamentesulla mobilità elettrica.

Di fatto, la vicenda evidenzia una gestione dello scandalo Dieselgate abborracciata, dove per lavarsila coscienza e soprattutto l’immagine annerita dall’eccesso di nerofumo, Volkswagen ha buttato vial’incolpevole ed ecologico motore Diesel per abbracciare a marce forzate l’elettrificazione della mobilità, glissando sul fatto che produrre le batterie e l’energia necessaria per caricarle alla fine inquina di più che utilizzare il gasolio, senza trascurare il fatto per niente secondario che questa scelta, ampiamente “pressata” nelle stanze dell’Unione europea porta alla distruzione di milioni di posti di lavoro e della filiera dell’automotive, aprendo il mercato al prodotto cinese e alla dipendenza strategica di quanto rimane della manifattura europea dal monopolio cinese in fatto di batterie e terre rare. Davvero un ottimo successo per Volkswagen.

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