Confcommercio, peggiora quadro economico, più probabile la recessione

L’economia è attesa virare in negativo a cavallo tra la fine 2022 e l’inizio 2023.

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Commercio in frenata S&P Global Tasso di insolvenza recessione

«Peggiora il quadro economico e la recessione è sempre più probabile»: questo, in sintesi, quanto emerge dalla congiuntura Confcommercio relativa al mese di novembre secondo cui è «sempre più probabile una recessione tecnica nei trimestri a cavallo della fine del 2022».

A novembre – stima Confcommercio – il Pil segna un -0,7% congiunturale, l’inflazione va all’11,7% (+0,4% su mese), la produzione industriale dovrebbe continuare a calare, così come la discesa dei consumi con elettrodomestici (-6%) e mobili (-5,6%) in testa.

«L’economia italiana – osserva Confcommercio – dopo sette trimestri semplicemente eccezionali, e comunque molto fuori trend rispetto al ristagno strutturale pre-pandemia, dalla fine dell’estate sconta l’arretramento dei consumi che sta innestando un’inversione del ciclo economico. L’opportuna politica dei sostegni compensa larga parte delle perdite di potere d’acquisto del reddito, ma nulla può contro la riduzione reale del valore della ricchezza liquida».

Per Confcommercio «la fine del 2022 si prospetta non meno complicata dei mesi autunnali e la crisi geo-politica non appare in via di rapida soluzione. Allo stesso tempo emergono indizi di minore dinamicità dell’economia mondiale in un contesto in cui l’inflazione risulta ancora elevata, seppure in rallentamento perché si vede la recessione».

A settembre la produzione industriale, dopo il rimbalzo di agosto – fa presente Confcommercio – è tornata in territorio negativo con un calo dell’1,8% sul mese precedente e dello 0,5% su base annua. Tendenza che dovrebbe proseguire anche ad ottobre e novembre. Segnali di stasi sono emersi, sempre a settembre, sul versante del mercato del lavoro. Il modesto incremento degli occupati (+0,2% congiunturale) ha solo attenuato le tendenze negative degli ultimi mesi: rispetto a giugno si conta, infatti, una riduzione di 96mila unità.

Segnali di preoccupazione provengono dagli operatori del commercio, che ad ottobre evidenziano un peggioramento del clima di fiducia con attese di ridimensionamento della domanda.

L’inflazione si conferma uno dei problemi principali: a ottobre la variazione del 3,4% congiunturale (incremento di dimensioni simili a quello osservato complessivamente tra gennaio 2016 e gennaio 2021) ha portato il tasso di variazione su base annua all’11,8%.

Secondo le stime di Confcommercio, nel mese di novembre l’inflazione dovrebbe registrare un incremento dello 0,4%, lasciando sostanzialmente invariato il tasso di crescita tendenziale (11,7%). La minor dinamicità dell’inflazione nel mese in corso non sembra, peraltro, preludere all’inizio di una fase di rientro che potrebbe concretizzarsi solo a partire dal secondo quarto del prossimo anno.

«E’ sempre più probabile una recessione tecnica nei trimestri a cavallo della fine del 2022 – mette in evidenza Confcommercio – secondo le nostre stime a novembre il Pil dovrebbe registrare una riduzione dello 0,7% congiunturale, accentuando la tendenza al ridimensionamento dell’attività economica iniziata a settembre. Nel confronto annuo la variazione, nel mese in corso, si dovrebbe attestare allo 0,4%, in ulteriore rallentamento rispetto ai mesi precedenti».

Ad ottobre i consumi – espressi con la metrica dell’Icc – «si sono ridotti nel confronto annuo (-1,4%), effetto di una contrazione per la domanda per i beni (-2,7%) e di una crescita per i servizi (+2,1%). All’interno dell’aggregato dei beni per alcuni segmenti (alimentari, mobili ed elettrodomestici) la flessione su base annua comincia ad assumere toni significativi. Rimane critica la situazione nel settore dell’automotive nonostante il lieve miglioramento di ottobre».

Il rallentamento congiunturale della domanda “si inserisce in un contesto in cui il differenziale con il 2019 è ancora rilevante. Nel complesso del periodo gennaio-ottobre 2022, l’Icc manifesta una riduzione del 4,7% rispetto allo stesso periodo del 2019. Divari più rilevanti si registrano per i servizi (-12%)».

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