Commercio, l’Istat certifica un forte calo (-6,3%) delle vendite a ottobre

Quinto calo consecutivo che portando verso la recessione. Gli italiani taglino soprattutto sugli alimentari. Preoccupazione di Confcommercio e Confesercenti. 

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commercio a gennaio

Prosegue, per il quinto mese consecutivo, la crisi del commercio, con il calo dei volumi delle vendite al dettaglio: secondo i dati diffusi dall’Istat, a ottobre 2022, su base tendenziale, le vendite al dettaglio hanno registrato «un calo sostenuto» pari al 6,3% rispetto a un anno prima. In valore, invece, le vendite aumentano dell’1,3% anche per effetto dell’inflazione galoppante. Ancora più consistente il calo dei volumi di vendita per i beni alimentari, scesi del 7,9% (+4,7% in valore). Le vendite dei beni non alimentari diminuiscono sia in valore sia in volume (rispettivamente -1,1% e -5,2%).

L’andamento del commercio nel trimestre agosto-ottobre 2022, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio crescono in valore (+0,3%) e calano in volume (-1,9%). Le vendite dei beni alimentari sono in aumento in valore (+1,0%) e diminuiscono in volume (-2,3%) mentre quelle dei beni non alimentari calano sia in valore sia in volume (rispettivamente -0,3% e -1,5%).

Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali eterogenee per i gruppi di prodotti. L’aumento maggiore riguarda prodotti di profumeria, cura della persona (+5,5%) mentre la flessione più marcata si registra per Elettrodomestici, radio, tv e registratori (-7,1%).

Rispetto a ottobre 2021, il valore delle vendite al dettaglio cresce per la grande distribuzione(+3,4%) e il commercio elettronico (+6,2%) mentre è in calo per le imprese operanti su piccole superfici (-1,4%); restano stazionarie le vendite al di fuori dei negozi. Un rialzo particolarmente consistente si registra per i discount di alimentari dove le vendite segnano un rialzo del +10,1%rispetto a ottobre 2021.

I consumatori, per fronteggiare le minori disponibilità economiche e il rincaro del costo della vitastanno spostando i loro consumi, specie per gli alimentari, dai prodotti di marca a quelli del distributore.

I prodotti di Marca del distributore (Mdd) sono sempre più protagonisti degli acquisti delle famiglie secondo l’indagine condotta dall’Associazione della Distribuzione Moderna. La tendenza chiara che emerge è il tentativo del consumatore «di risparmiare mantenendo la qualità del prodotto» preferendo prodotti pronti e confezionati (soprattutto frutta, verdura e insalate che portano la marca del distributore). Insieme al fresco, sul podio dei prodotti Mdd preferiti dagli italiani ci sono anche quelli per gli animali, che aumentano sia in valore che in volumi.

I dati comunicati dall’Istat vengono letti con forte preoccupazione dalle categorie commerciali. Per Confcommercio «il dato di ottobre sulle vendite al dettaglio è peggiore delle attese: tendenziale in volume pari a -6,3% contro il -3,7% della Congiuntura Confcommercio per i beni al netto di automobili, carburanti, tabacchi ed energia. Il ripiegamento della spesa delle famiglie è comune a molti paesi europei. La progressiva erosione di potere d’acquisto determinata dall’inflazione sul reddito e sulla ricchezza liquida, solo parzialmente compensata dai pure ingenti sostegni governativi, comprime lo spazio che le famiglie possono destinare alle spese non obbligate.

Questa inevitabile configurazione si riflette negativamente su molte voci di spesa, tra le quali l’abbigliamento e le calzature, e sui formati distributivi più tradizionali. Resta confermato, in ogni caso, lo schema interpretativo per le dinamiche di breve termine dell’economia italiana: ottobre e prima parte di novembre negativi per i consumi con innesco della recessione, e poi reazione positiva dalla fine di novembre e fino a dicembre, fenomeno che renderebbe mite, o tecnica, la contrazione dell’attività economica. Queste valutazioni complessivamente ottimistiche scontano le ipotesi di successo delle politiche di compensazione delle perdite di reddito corrente e di rafforzamento della fiducia a dicembre. In caso contrario, la recessione potrebbe approfondirsi, con la conseguente compromissione delle prospettive di crescita per il 2023».

Per Confesercenti si è dinanzi ad «un calo preannunciato del commercio. Inflazione e caro-bollette iniziano a farsi sentire sul commercio al dettaglio con una caduta ancora più pronunciata per i prodotti alimentari(-7,9%) e le piccole superfici, le cui vendite secondo le nostre stime precipitano del -9% rispetto ad ottobre dello scorso anno: una flessione più che doppia rispetto a quella della grande distribuzione(-4,2%). La necessità di destinare risorse al pagamento di spese obbligate, in primis alle utenze domestiche, sta erodendo le disponibilità per consumi di altro tipo, in calo anche a causa dell’aumento dei prezzi, trainato a sua volta dal caro-energia. Complessivamente, stimiamo che le famiglie bruceranno, per la corsa dell’inflazione, circa -12,1 miliardi di euro di potere d’acquisto solo nella seconda metà del 2022. Un problema che colpisce in particolare i nuclei familiari meno abbienti, per i quali l’inflazione pesa oltre il doppio rispetto alle famiglie di reddito più elevato. Gli italiani si apprestano dunque ad affrontare il periodo delle festività natalizie – ed il prossimo anno – con un budget fortemente condizionato, ed il rallentamento dei consumi delle famiglie non mancherà di avere un forte impatto sulla crescita dell’economia. Per questo, oltre alla prosecuzione dei sostegnicontro il caro-bollette, servono interventi mirati al rilancio della domanda interna, a partire dal fisco».

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