Il turismo vacca da mungere: la tassa di soggiorno raddoppia a 10 euro a notte

Protesta di Federalberghi verso la convergenza di interessi di maggioranza e opposizione.

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tassa di soggiorno

Mentre il governo Meloni e la maggioranza si sbraccia per valorizzare il turismo italiano come seconda o terza gamba portante dell’economia nazionale, ecco che in Parlamento in occasione dell’approntamento della Finanziaria 2023 arriva l’emendamento galeotto che autorizza i capoluoghi di provincia in cui la media delle presenze turistiche nei tre anni precedenti è di venti volte superiore al numero dei residenti a raddoppiare la tassa di soggiorno da 5 a 10 euro a notte per persona.

Il provvedimento lanciato dai soliti tassatori della sinistra e stranamente accolto dai relatori di maggioranza prevede che a partire dal prossimo 1° gennaio 2023 chi farà un soggiorno in una delle principali città d’arte italiane dovrà pagare l’odiosa gabella che, a fronte di un costo medio delle camere di circa 100 euro a notte per una coppia di due persone, vedrà un aggravio del 20% secco, pari a 20 euro aggiuntivi. Davvero tanto, forse pure troppo.

Immediata la protesta di Federalberghi: «maggioranza e opposizione si uniscono per sbloccare l’aumento delle tasse sui turisti. E’ un pessimo regalo di Natale per le imprese e i lavoratori del turismo delle destinazioni interessate, che con grande fatica si stanno risollevando dal baratro in cui erano sprofondate durante la pandemia e sono tuttora alle prese con la stangata del caro energia».

Alla beffa della gabella pure la fregatura del fatto che la tassa di soggiorno interessa solo le strutture alberghiere, lasciando esenti le strutture alternative, ad iniziare dalle locazioni brevi che continueranno a fruire di una sostanziale condizione di privilegio.

Come se non bastasse, a frenare il turismo ci si mette anche il rialzo della tassazione sui carburanti, con il governo Meloni che sta progressivamente riducendo lo sconto di 30 centesimi attuato quando il costo del petrolio ha portato il prezzo al litro oltre la soglia dei due euro al litro. Il problema è che con il ritorno alla “normalità” del caro accise sui carburanti (ma dove sono finiti i proclami elettorali contro il caro carburanti determinati dalle accise risalenti alla guerradell’Abissinia? Dove sei, Salvini?) l’Italia sta tornando ad essere meno competitiva rispetto ai competitori confinanti, con il risultato di incentivare i turisti a dirigersi verso quelle realtà dove il pieno costa meno, ad iniziare dalla Slovenia e Croazia, che già possono vantare un’offerta turisticapiù competitiva di quella italiana proprio per via dei minori costi fiscali gravanti sul settore.

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