Concessioni balneari, possibile crepa nel governo Meloni

Nell’iter del “Milleproroghe”, Fratelli d’Italia fa marcia indietro, mentre Lega Salvini e Forza Italia premono per l’ennesima proroga all’effettuazione delle gare da realizzare entro il 2023.

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Concessioni balneari

Sulle concessioni balneari il governo Meloni prossimo ai suoi primi 100 giorni di vita potrebbe rischiare una prima, vistosa crepa all’interno della sua maggioranza, con Fratelli d’Italia propensa a rispettare le regole europee e, soprattutto, la sentenza del Consiglio di Stato circa l’obbligo di indire le gare per il rinnovo delle concessioni entro il 2023, mentre Lega Salvini premier e ForzaItalia premono piuttosto per l’ennesima proroga, anche se ciò potrebbe mettere a rischio l’attuazione del Pnrr e l’erogazione dei fondi europei.

Il problema di fondo, decisamente annoso, delle concessioni balneari risale al fatto che lo Stato con i suoi beni si è sempredimostrato un cattivo padre di famiglia, dimenticandosi colpevolmente di gestire oculatamente le sue proprietà, di fatto dimenticandosi di valorizzare beni che avrebbero potuto dare un sensibilecontributo all’economia nazionale.

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Secondo quanto denuncia il portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, «il governo sta tutelando i privilegi inaccettabili di chi paga le concessioni 1 euro al metro quadro annuo». Ad innescare la miccia un emendamento presentato da Fratelli d’Italia poi ritirato al “Milleproroghe”, ma mantenuto da Lega Salvini premier e da Forza Italia, volto ad eliminare il termine del 31 dicembre 2023 per l’effettuazione delle gare per l’assegnazione delle concessioni.

Il problema è che negli anni il valore di concessione è rimasto pressoché stabile, mentre sono cresciuti a dismisura gli utili da parte dei concessionari nell’utilizzo di un bene statale loro affidato. Per Bonelli «lo stabilimento Twiga di Briatore e Santanchèneoministro al Turismo, la quale ha attualmente ceduto quote al suo compagno -, paga, per esempio, allo Stato 18.000 euro anno, mentre fattura 4 milioni di euro. In Italia, il fatturato delle concessioni demaniali marittime è sui 7 miliardi di euro l’anno, ma allo Stato arrivano poco più di 100 milioni di euro l’anno dalle concessioni, con un’evasione di oltre il 50%».

Proprio per evitare un clamoroso conflitto d’interessi personale del ministro Santanché e dello stesso Governo nei confronti dell’Europa che ha più volte ribadito la necessità di applicare la direttiva europea Bolkestein, Fratelli d’Italia ha fatto marcia indietro, mentre Lega e Forza italiacontinuano a sostenere i concessionari che si fanno forti del peso di 30.000 aziende che rischiano di perdere la concessione, agitando lo spauracchio della calata sulle spiagge italiane delle multinazionali del turismo estere.

Il problema per lo Stato è di far rendere di più i propri beni, passando da valori simbolici a qualcosa di più concreto, come una quota di almeno il 10% del fatturato dei concessionari, che rimarrebbe ancora un livello di favore rispetto all’attuale nulla. Anche lo spauracchio della perdita di posti di lavoro è infondata, anche perché chiunque dovesse subentrare nella gestione di una concessione avrà comunque bisogno di personale qualificato del posto, sempre che lo permetta lo scandalo del reddito di cittadinanza.

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