Superbonus 110%: 16 miliardi incagliati e 25.000 imprese a rischio fallimento

Drammatici i dati diffusi da Ance sulla situazione del mercato delle ristrutturazioni bloccato dall’impossibilità di scaricare i crediti fiscali.

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Nubi sempre più plumbee sul Superbonus 110%, il provvedimento con cui i grillini, autori del fantomatico piano dell’abrogazione della povertà che proprio durante i loro governi è aumentata, hanno regalato la ristrutturazione a costo dello Stato – e di tutti i contribuenti – ai proprietari di casa più ricchi, visto che questo provvedimento non ha posto alcun limite di reddito per accedervi.

Secondo la denuncia di Ance, l’Associazione nazionale costruttori edili, sarebbero incagliati nei meccanismi di cessione dei crediti fiscali circa 16 miliardi di lavori effettuati con il Superbonus 110%, con il risultato che ci sono migliaia di imprese a rischio fallimento se questi non saranno sbloccati al più presto.

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Sempre secondo l’Ance, per ogni miliardo inclagiato rischiano il fallimento circa 1.700 imprese e la perdita di circa 9.000 posti di lavoro. Gli effetti del perdurante blocco di tutti i 16 miliardi di crediti incagliati sarebbero circa 25.000 imprese a rischio fallimento e 130.000 posti di lavoro persi.

Il problema è nei meccanismi escogitati dalle fervide menti grilline per sostenere il Superbonus 110%, specie per quanto riguarda lo sconto in fattura dei lavori eseguiti, possibilità particolarmente gradita da parte dei proprietari di case privi di adeguata liquidità per effettuare i lavori, specie gli abitanti dei condomini.

L’aver previsto lo sconto delle fatture presso il sistema creditizio e delle assicurazioni non ha fatto i conti con il travolgente successo dell’iniziativa, tanto da arrivare a superare di tre volte il tetto di spesa previsto, con il risultato che una volta esaurita la capacità di compensazione degli acquirenti, si sono bloccate tutte le operazioni di sconto successive.

E a non migliorare la cosa, si è aggiunta anche il cambio di ben 22 volte in soli due anni delle norme, che per ovviare ai miliardi di truffe scoperte, hanno posto anche la responsabilità in solido dei crediti ceduti tra venditori ed acquirenti, con sentenze della Cassazione che non hanno accettato la buona fede degli acquirenti.

A questa situazione già di suo ingarbugliata, ci si mette il rialzo dei tassi di sconto da parte della Bce, che ora ha aumentato di mezzo punto il costo del denaro, annunciando per il prossimo marzo un’altra manovra da mezzo punto.

Infine, la pietra tombale è arrivata da Eurostat, il quale ha comunicato che in termini di contabilità di stato la cessione dei crediti va computata come debito nei conti pubblici, con il risultato che il già gigantesco debito pubblico italiano dovrà a brevissimo prepararsi ad accogliere un altro centinaio di miliardi ai 2.750 miliardi accumulati, di cui 1.000 dai governi tecnici degli ultimi 15 anni.

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