Unione europea o Euroreich tedesco?

A Bruxelles troppe decisioni a doppia velocità: rapide e assertive quando riguardano gli interessi tedeschi, lente e spesso negative quando interessano gli altri 26 stati dell’Unione.

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Unione europea o Euroreich tedesco

Ormai, se lo domandano in molti: l’Unione europea a 27 stati membri è veramente un’unione plurale e democratica oppure è sempre più un Euroreich tedesco? Laddove non ci riuscirono le armi nella Seconda guerra mondiale, pare che quasi un secolo dopo ci riesca l’economia e gli interessi politici di Berlino che hanno sempre una sorta di corsia preferenziale in quel di Bruxelles, specie ora che alla guida della Commissione c’è una teutonica che nella sua resistibile carriera politica alla testa di più ministeri la ricordano per i danni inflitti all’amministrazione tedesca – da ultimo all’esercito da ministro alla difesa – che per i suoi successi. E i risultati nella legislatura europea che sta per concludersi – per fortuna! – stanno lì a certificarlo.

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A far pendere per un’Unione europea sempre più Euroreich tedesco ci sono gli ultimi episodi: dalla gestione dei carburanti alternativi con il “” europeo ai carburanti sintetici tedeschi e al “No” per i biocarburanti italiani che – detto incidentalmente – sarebbero perfino più sostenibili di quelli tedeschi ma che hanno lo stigma del non essere “Made in Germany”.

E che dire della reazione alla crisi bancaria innescata negli Stati Uniti e poi rapidamente propagatasi nel cuoredell’Europa in Svizzeracontaminando subito dopo le banche tedesche? Finché la crisi era cosa americana, la Banca centrale europea ha fatto spallucce, continuando nella sua lotta religiosa all’inflazione a colpi di rialzi continui dei tassi d’interesse, con proprio i banchieri tedeschi – e austriaci – a tifare per l’innalzamento dei tassi fino ad un ipotetico 5% previsto per il mese di luglio.

Peccato che quando a saltare sono state prima un paio di banchette regionali tedesche per poi intaccare il gigante di Deutsche Bank, la musica è cambiata e, probabilmente dopo una telefonata di Berlino a Francoforte, perfino l’ineffabile – e inadeguata – presidente della Bce, Christine Lagarde ha ammesso che forse è meglio darsi una regolata e soprassedere ai continui rialzi per evitare di destabilizzare il sistema creditizio tedesco che, tra quelli europei, pare essere quello messo nelle condizioni peggiori nonostante tutte le iniezioni di denaro pubblico effettuate prima dell’avvento delle nuove regole europee in tema di quel “bail in” che ha mazziato migliaia di risparmiatori italiani coinvolti nel fallimento delle due banche popolari venete.

Insomma, a Bruxelles pare comprendano quel vecchio detto di quel furbone dell’Avvocato italiano, quel Gianni Agnelli che sosteneva che “quel che va bene alla Fiatva bene all’Italia” – e si è visto come il suo degno nipote, Jaky Elkann, abbia ripagato l’Italia negli ultimi anni contribuendo sostanzialmente a deindustrializzare il Paese e a depauperarne le entrate fiscali spostando la sede legale nell’accogliente Olanda -, salvo declinarlo con un più attuale “quel che va bene alla Germaniava bene all’Europa”. Peccato, per Bruxelles e per Berlino, che a RomaParigiMadrid e in molte altre capitali siano sempre di più coloro che non sono d’accordo.

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