La “Stecca” degli Alpini passa da Udine a Vicenza per l’Adunata 2024

Grande afflusso nel capoluogo friulano alla presenza del premier Giorgia Meloni e del ministro Guido Crosetto che rilanciano la naja in versione moderna.

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Udine ha ospitato la 94a Adunata nazionale degli Alpini con il tradizionale alzabandiera, la successiva sfilata e il passaggio della “Stecca” da Udine a Vicenza cui toccherà l‘organizzazione della manifestazione delle Penne Nere del 2024.

L’intero Friuli Venezia Giulia ha accolto decine di migliaia di Alpini sia nei giorni antecedenti la sfilata con il tradizionale folklore, sia nel giorno clou della sfilata da piazzale Osoppo a piazza Primo Maggio e via Piave.

Ospite d’onore dell’Adunata 2023 è stato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con tanto di cappello d’Alpino in testa fregiato dalla Penna Bianca simbolo del comando, salutata a gran voce dalla folla sia come premier sia come mamma (la sfilata si è svolta in occasione della Festa della Mamma). E lei non si è sottratta a sottolineare i principi dell’appartenenza, dell’orgoglio e della Patria, affermando che «se c’è un posto dove si respirano, è proprio qui. Tra l’altro oggi è la Festa della Mamma e dopo le mamme ci sono gli Alpini, perché questa è una grande famiglia. Ma ricordiamoci sempre anche un’altra cosa: che la nostra seconda mamma è la Patria».

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Quanto alla richiesta giunta anche in questi giorni non ultimo dal presidente nazionale dell’Associazione nazionale Alpini, Sebastiano Favero, di reintrodurre la naja, Meloni ha parlato di «tema che il Governo ha a cuore ed è un dibattito che sicuramente si dovrà aprire». Una considerazione fatta anche dal generale Francesco Paolo Figliuolo, comandante del Comando operativo di vertice interforze dello Stato maggiore della Difesa, mentre il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha spiegato di calzare il berretto alpino «perché è come tornare in famiglia dopo tanto tempo che vi si è lontani. E comunque anche per coloro che non lo portano, è scoprire la parte migliore dell’Italia, quella fatta di persone che sono disposte a dare un pezzo di sé stessi quando serve per gli altri, la migliore tradizione italiana che le nostre Forze armate incarnano quando vanno all’estero».

Di fatto, istituire un periodo obbligatorio per tutti i cittadini di servizio a favore della collettività potrebbe essere una cosa positiva, sia per la comunità nazionale, sia per la crescita personale di ciascuno, specie dei giovani. Un progetto che dovrebbe andare oltre alla tradizione storica della naja appannaggio esclusivo dei maschi, lunga 12 mesi e spesso svolta lontano da casa, prevedendo che dai 16 anni in poi, un percorso progressivo alla crescita sociale, volto ad apprendere i diritti e doveri di ogni cittadino, i rudimenti di protezione civile e di primo soccorso, per poi estendersi anche all’uso dei mezzi d’intervento e, perché no, anche delle armi.

Per i più giovani potrebbe essere articolata in un mese da svolgere durante le ferie estive scolastiche, alleviandocosì anche le famiglie dalle necessità di assicurare un’attività ai figli mentre i genitori lavorano. Per i maggiorenni si dovrebbero prevedere anche corsi veloci di utilizzo ai mezzi d’opera e di soccorso da utilizzare nel corso delle calamità, così come elementi di soccorso sanitario, da estendere anche all’utilizzo delle armi per coloro che lo vogliano.

Un’attività che preveda dei richiami periodici obbligatori per tutti durante il corso della vita, magari di una settimana ogni due-tre anni, per tenersi aggiornati sulle tecnologie e sui mezzi, da fare sfruttando un pezzettino delle proprie ferie. Troppo difficile da realizzare? Potrebbe essere utile per tutti.

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