Germania, la caduta degli dei d’Europa con 869 miliardi di euro di debito fuori bilancio

Sul patto di Stabilità la Germania è rigorista, ma in 20 anni ha sempre violato le regole e ora emergono miliardi di fondi fuori bilancio sanzionati dalla Corte costituzionale tedesca.

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In Germania si sta verificando la caduta degli dei d’Europa, di coloro che per tutti i primi anni Duemila si sono eretti a maestrini di ortodossia finanziaria e di rispetto delle regole europee, spesso disegnate sulle loro esigenze, salvo fare finta di non conoscerle quando ha fatto comodo a loro. Ma la musica sta cambiando anche a Berlino, specie dopo la sentenza della Corte costituzionale tedesca che ha cassato uno dei 29 fondi di spesa fuori bilancio statale, facendo emergere di punto in bianco un problemino da ben 60 miliardi di euro nel bilancio 2023 che aumenterà le difficoltà finanziarie dell’ex locomotiva d’Europa.

A ballare non ci sono solo i 60 miliardi bocciati dalla giustizia costituzionale, ma anche gli altri rimanenti 28 fondi extrabilancio per un ammontare complessivo di ben 869 miliardi di euro, di cui 177 rivolti proprio a sostegno dell’efficientamento energetico delle aziende, cui appartengono i 60 miliardi appena cassati, con la fortissima possibilità che pure i rimanenti 117 seguano la stessa sorte.

Lo strumento dei fondi extrabilancio è una particolarità della contabilità federale consentita dalla normativa tedesca, solo che lo strumento è stato utilizzato a dismisura, portando fuori controllo il bilancio pubblico, perché questi fondi sono spesso in mano alle decisioni del governo e fuori dal controllo del parlamento e degli organismi di controllo tedeschi. Di fatto, hanno costituito nei tempi recenti una fortissima leva per aumentare la competitività tedesca a danno degli altri paesi dell’Unione europea, mantenendo apparentemente un bilancio federale in salute.

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A questo scenario va aggiunto il rispetto elastico delle regole europee da parte della Germania, a partire da quelle dell’eccesso di avanzo commerciale a danno dei partner europei, oppure ai fondi salvastati utilizzati per la Grecia, dove il sistema bancario tedesco era particolarmente esposto, finanziati anche grazie all’intervento dell’Italia. Per non dire dei salvataggi delle banche regionali tedesche, autorizzate dall’occhiuto commissarioalla concorrenza europeo, Margrethe Vestager, ma vietati all’Italia, con le conseguenze che gli azionisti di tante banche popolari e non hanno conosciuto sulla loro pelle. Senza dimenticare le grandi aziende tedesche protagoniste di scandali che hanno pesato anche sulla manifattura europea, a partire da quello sulle emissionidei motori Diesel.

Una situazione che pare destinata ad essere un ricordo, con l’Italia che potrebbe a buon diritto fare emergere le proprie ragioni e riprendersi il ruolo che le spetta all’interno dell’economia e politica europea, non fosse per il fatto che, a differenza della Germania, l’Italia nel 2023 scampa la recessione che attanaglia Berlino, con un sistema manifatturiero basato sulle Pmi decisamente più in salute rispetto ai grandi kombinat teutonici e con una bilancia dei pagamenti positiva, anche se pesa ancora molto la questione dei costi dell’energia, decisamente più alti della media europea.

E la migliore situazione economica italiana è fotografata anche dalla progressiva riduzione del differenziale tra i titoli di stato italiani e tedeschi, visto che questo viaggia ormai a quota di sicurezza tra 170-180 punti. E potrebbe fare anche meglio se il governo Meloni agisse con maggiore decisione sulla qualità della spesa pubblica, tagliando gli sprechi che spingono i 1.000 miliardi di spesa annui, aprendo spazio per la riduzionedelle tasse e per aumentare gli investimenti.

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