Concessioni balneari: l’Italia prende tempo rimandando a dopo le elezioni europee

L'Ue apre al dialogo anche se si ribadisce che le norme europee vanno rispettate.

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Concessioni balneari fvg spiaggia grado

Diciassette pagine spedite a Bruxelles alla Commissione europea per chiedere altro tempo per risolvere una disputa giuridica sulle concessioni balneari che è ormai a tutti gli effetti politica fin troppo stiracchiata al limite del ridicolo per non scontentare piccole consorterie di consenso che sfruttano un bene pubblico pagato quattro denari per fare spesso ingenti guadagni.

Allo scoccare del termine previsto dall’iter della procedura d’infrazione (già scattato in un caso simile per la Spagna), il governo Meloni ha spedito la sua risposta all’ultimatum di Bruxelles sulle concessioni balneari, chiedendo di andare ai tempi supplementari per aggiornare la mappatura farlocca delle spiagge prorogando nel frattempo – fino al 2025 – le licenze.

Si tratta di una richiesta sulla quale nella maggioranza ha prevalso la linea del vicepremier Matteo Salvini, fiero pasdaran della lobby dei balneari, anche a rischio di andare nella direzione opposta a quella auspicata dall’esecutivo Ue e dallo stesso diritto comunitario.

Per evitare il doveroso ricorso al mercato nell’assegnazione delle concessioni balneari che in tantissimi casi fruttano ingenti fatturati a fronte di canoni irrisori – evidenziando ancor auna vota uno Stato cattivo padre di famiglia incapace di valorizzare adeguatamente i propri beni a favore di tutto il Paese e non solo a favore di pochi – l’osservazione che circola tra i corridoi della sede della Commissione a Bruxelles, è che il tema «è diventato molto sensibile». E la decisione Ue, sostenuta dal «dialogo» e da «”un accurato esame» che non prevede scadenze, potrebbe slittare a dopo le elezioni europee, dove la stessa Ursula von der Leyen si gioca la rielezione a suon di incontri con tutti i leader nazionali che potrebbero darle una mano, Giorgia Meloni compresa.

Nel documento inviato a Bruxelles, il governo auspica a più riprese una «collaborazione» capace di portare a una soluzione condivisa e al riordino di un settore che, ha evidenziato anche il capo delegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo, Carlo Fidanza, «è fondamentale per il turismo» nostrano.

L’apertura al dialogo è da giorni predicata anche dall’esecutivo comunitario, anche se parte dall’assunto inalienabile del rispetto della direttiva Bolkestein, baluardo della libera concorrenza nel settore dei servizi, richiamata di recente anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che quanto a conoscenza del diritto italiano e comunitario non è sicuramente secondo a nessuno, Salvini & C. compresi.

Le istanze di Roma sono dettagliate: nella missiva, si prevede «entro quattro mesi» di portare a termine «un primo confronto» con gli enti locali per determinare «la scarsità delle risorse e i relativi indirizzi di riordino del settore». Ci sarebbe dunque tempo fino a maggio per aggiornare la mappatura delle spiagge e sancire la scarsità o meno del bene, elemento determinante per applicare le norme Ue.

Le visioni finora sono state opposte: per Roma i risultati del tavolo tecnico interministeriale istituito alla bisogna evidenziano che la scarsità non c’è, considerando tutte le possibili coste, pure quelle non balneabili perché soggette a vincolo portuale o inquinante da qualche scarico fognario illegale, aspetto questo che causa all’Italia da qualche anno multe milionarie ogni sei mesi per la mancata depurazione. Mentre per l’Ue il calcolo della quota del 33% riferito alle spiagge occupate da concessioni demaniali non è corretto perché «non riflette una valutazione qualitativa delle aree» e «non tiene conto delle situazioni specifiche a livello regionale e comunale». E pertanto dovrebbe scattare l’articolo 12 della Bolkestein sul divieto di rinnovo automatico e obbligo di procedure di gara.

Tutte valutazioni tecniche che i funzionari europei dovranno ora approfondire, possibilmente senza l’ignavia dei politici italiani palesemente ostaggio di una lobby incistata con la politica, visto che pure un eurodeputato salviniano era fino all’elezione un attivo operatore del settore in un bagno frequentato pure dal Capitano. E dalle quali si aprirà una nuova fase di confronto per scongiurare il rischio di un deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia Ue e di una conseguente possibile maxi-multa.

Causa «l’alta sensibilità» politica del dossier, secondo una portavoce della Commissione «l’esame sarà accurato». Formalmente non è prevista alcuna scadenza per portarlo a termine anche se, viene assicurato, il lavoro sarà condotto «nel modo più efficiente possibile». E, nel frattempo, il governo prevede la possibilità – in virtù di «ragioni oggettive» – di prorogare le concessioni ai titolari dei litorali anche «fino al 31 dicembre 2025». Cosa che costituisce l’ennesimo schiaffo al rispetto delle regole e agli interessi dello Stato di superare rendite di posizione oggettivamente non più giustificabili.

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