L’iter della terza manovra economica del governo Meloni parte in salita con la produzione industriale che rallenta vistosamente, l’export che cala così come i consumi. La sfida è trovare i circa 10 miliardi mancanti per chiudere la manovra, confermando e sostenendo le misure che stanno più a cuore all’esecutivo.
Nel percorso a ostacoli della legge di bilancio 2025 pende la spada di Damocle del calo della produzione industriale evidenziato dall’Istat che registra il crollo: a luglio l’indice complessivo scende in termini tendenziali del 3,3% (tenendo conto che i giorni lavorativi di calendario sono stati 23 contro i 21 di luglio 2023). Dati prevedibili e in linea con una contrazione generalizzata. Va peggio se si guarda a un periodo più lungo: da maggio 2022 a luglio 2024 l’indice crolla complessivamente del 6,7%.
La diminuzione della produzione industriale è maggiore per tessile, abbigliamento e pelli (-25%) e per il legno (-20,7%), complici probabilmente l’inflazione e il minor potere d’acquisto dei consumatori. Più resilienti risultano la produzione di alimentari, bevande e tabacco (-2%) e altre industrie manifatturiere (-0,9%).
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A questi dati si aggiunge il calo dell’export italiano nel I semestre 2024 del -1,1% (con cali maggiori nel NordOvest, -3,5%, e nel NordEst, -1,4%, a fronte del calo dell’attività manufatturiera collegata con la Germania in crisi).
A incidere negativamente sulla competitività del sistema produttivo nazionale anche i maggiori costi legati all’energia, che in Italia sono particolarmente alti, con un costo al chilowattora a metà agosto 2024 di 136 euro, contro una Francia a “solo” 13 euro, e a una Germania (62 euro) e Spagna (69 euro) che sono la metà di quelli italiani.
La persistente debolezza dell’attività industriale che, al netto di alcuni sporadici episodi, è in calo dall’inizio del 2022 continua a rappresentare una delle principali criticità per il conseguimento degli obiettivi di crescita del Paese nel 2024 dopo anni in cui il traino è stato determinato quasi esclusivamente dalle attività dei servizi, in particolar modo quelli legati al turismo.
Se la manifattura langue, nemmeno i consumi vanno meglio. Secondo Confcommercio «la crisi è particolarmente rilevante per i beni di consumo (che incidono per quasi il 25% sull’attività produttiva) a segnalare le criticità che persistono sul versante della domanda delle famiglie i cui effetti negativi si riverberano su tutti gli ambiti del sistema economico».
Infine, la Banca d’Italia segnala come a luglio i prestiti al settore privato sono diminuiti dell’1,6% su base annua (come nel mese precedente). I prestiti alle famiglie si sono ridotti dello 0,6% sui dodici mesi (-1,0 nel mese precedente), mentre quelli alle società non finanziarie si sono ridotti del 3,9% (-3,4 nel mese precedente). I depositi del settore privato sono aumentati dell’1,1% (2,9 per cento in giugno).
Il rallentamento generalizzato dell’economia si riflette anche sul calo dei tassi dei mutui casa (taeg al 3,94%), mentre sul credito al consumo è leggermente cresciuto (taeg al 10,51%).
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