“Tax credit” cinematografico carissimo

L'eccesso di incentivi ha dopato la produzione di film, favorendo un boom artificiale. Di Istituto Bruno Leoni

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«Ai colleghi produttori e registi vorrei dire che dovremmo essere più reattivi nei confronti della nuova pessima legge sul cinema». Alla mostra del cinema di Venezia, Nanni Moretti non ha abbandonato le usuali vesti di “regista impegnato” criticando la riforma del “tax credit”.

Uno dei lasciti del ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, è proprio la revisione dei meccanismi di concessione del credito di imposta per le imprese di produzione cinematografica e audiovisiva. Introdotte ormai diversi anni fa, da subito avevamo giudicato favorevolmente le incentivazioni fiscali per il cinema. Si trattava di affiancare, al tradizionale sostegno dello Stato effettuato tramite sussidi diretti, meccanismi automatici “indiretti” e pertanto non discrezionali (come i crediti d’imposta).

Il “tax credit” negli anni ha preso sempre più piede fino a superare ampiamente, in termini di risorse, i contributi diretti. Per quanto riguarda le fonti di finanziamento dei film italiani, nel 2023 il credito d’imposta è stato la principale, costituendo il 32% dei budget complessivi.

L’eccesso di tali incentivi ha dopato la produzione, portando a una offerta abbondantemente sovradimensionata rispetto alla domanda. Qualche numero: dal 2019 al 2023 hanno beneficiato del tax credit 1.354 opere cinematografiche; quelle uscite in sala sono state 756, mentre 598 film non sono mai arrivati in sala. A prescindere dal loro valore estetico, tanto dovrebbe bastare per giustificare una revisione del sistema.

Il credito d’imposta ha in sostanza favorito un boom artificiale. L’obiettivo dichiarato del nuovo regolamento è quello di intervenire proprio sul punto, introducendo stringenti requisiti per beneficiare della misura. In linea anche con la più generale “stretta” del governo nella concessione di bonus ed elargizioni varie, al fine di cercare di tenere sotto controllo i conti pubblici.

Se le intenzioni sono più che condivisibili, è difficile scendere nella valutazione dei vari tecnicismi che si susseguono nelle 57 pagine che compongono il nuovo regolamento. Le critiche di molti operatori del settore riguardano principalmente la penalizzazione delle piccole imprese rispetto a quelle di più grandi dimensioni. Una critica alla quale il Direttore della Direzione generale Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura ha risposto affermando che «le misure introdotte consentono di raggiungere un maggiore equilibrio tra sviluppo competitivo dell’industria e tutela della creatività delle piccole e medie produzioni anche grazie al potenziamento dei contributi selettivi».

A fronte di una minore possibilità di attingere al “tax credit”, corrisponderà quasi certamente una riduzione delle opere realizzate e questo spiega i giudizi negativi da parte dei “lavoratori del cinema“.

Ma non esiste nessundiritto” a realizzare il proprio film e la riduzione del sostegno pubblico potrà favorire anche la nascita di un cinema meno conformista, come è in gran parte quello italiano.

Come ha detto Gianni Canova, tra i pochi a non mostrare pregiudizi nei confronti della riforma: «se hai davvero una storia da raccontare, la necessità di fare un tuo film, il modo di convincere qualcuno a sostenerti lo trovi».

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