Automotive europeo sempre più in crisi con le multe Ue

L’elettrificazione non decolla e da gennaio 2026 scattano le sanzioni Ue per il superamento dei tetti di emissione a livello di gamma. L’Acea chiede una deroga, ma Stellantis dice no.

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automotive europeo

L’automotive europeo è sempre più in crisi per via delle scelte unilaterali e apodittiche imposte da una politica miope ed incapace che ha fissato l’ukaze di vietare dal 2035 la vendita di veicoli con motore a combustione sul mercato continentale, con le case costruttrici alle prese con investimenti colossali che non riescono a remunerare – la sola Ford ha dichiarato di perdere 130.000 dollari (!!!) per ogni auto elettrica a batteria prodotta – perché non riescono a venderle ai consumatori che rifuggono giustamente dall’elettrico attuale, dove le chimiche delle batterie, seppure molto migliorate rispetto l’inizio, non sono ancora quelle ottimali – lo saranno attorno al 2028-2030, stando alle previsioni delle stesse Case costruttrici – ed espongono gli acquirenti a problemi di utilizzo e di sicurezza.

Fatto sta che le case costruttrici europee riunite nell’associazione di categoria Acea stanno chiedendo alla Commissione europea di spostare al 2027-2028 l’entrata in vigore delle multe per il superamento dei livelli di emissione a livello di gamma globale prodotta, visto che quelli che dovrebbero entrare in vigore a gennaio 2025 non saranno rispettabili dalle case proprio perché vendono meno della metà dei veicoli totalmente elettrici che avrebbero dovuto vendere per centrare gli obiettivi.

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E oltre ad essere mazziate dal mercato per la mancata vendita di auto a batterie, le case non ci stanno ad essere cornificate anche dalle multe della Commissione che potrebbero sommare fino alla fantastica somma di ben 16 miliardi di euro all’anno, più che sufficienti per mandare in fallimento tutti i produttori europei e consegnare il mercato automotive europeo ai produttori cinesi.

Non tutta la politica ha dimostrato di avere i paraocchi ideologici dell’ambientalismo a prescindere. Il ministro all’Industria italiano, Adolfo Urso, ha chiesto di anticipare ai primi mesi del 2025 la ridiscussione dei divieti di vendita di auto con motori termici al 2035, cancellandolo o, almeno, prevedendo un abbattimento delle emissioni all’8590%, cosa che permetterebbe la sopravvivenza dei motori a benzina, Diesel, Gpl e metano grazie ai nuovi carburanti sintetici o da origine circolare prodotti da scarti agroindustriali, che hanno dimostrato di essere efficaci nel ridurre le emissioni già su gran parte del parco circolante leggero e pesante.

Certo, ci sarebbe la necessità che tutto l’automotive europeo fosse unito e coeso. Peccato solo che a fronte della richiesta di Acea alla Commissione europea di rinviare l’entrata in vigore delle multe a gennaio 2025 ci sia stato un certo Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, che si è detto contrario, ribadendo la necessità di mantenere il percorso iniziato. Sarebbe interessante capire il perché di una tale scelta fallimentare, che condanna soprattutto gli stabilimenti italiani a rimanere a produzione ridotta se non ferma, con i dipendenti costretti a continua cassa integrazione che falcidia i loro salari – nonostante il bel gesto di proporre loro l’acquisto di Maserati fiammanti a condizioni di favore -. Certo che da un Tavares che dall’alto dei suoi stellari emolumenti da oltre 30 milioni di euro all’anno sarebbe lecito attendersi ben altro, ma l’Italia paga anche un sindacalismo all’acqua di rose, ben più pavido ed acquiescente di quello francese e, soprattutto, americano. Tant’è che di fronte alle montanti proteste dagli Usa, Tavares è stato lesto a mettere sul piatto 400 milioni di dollari di investimenti, cosa che sul fronte italiano li ha solo promessi ma mai concretizzati.

 

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