I consiglieri regionali del Trentino Alto Adige vogliono tornare ad essere casta

Approvate nella I commissione legislativa presieduta dal leghista Bisesti le modifiche alla norma sulle pensioni dei politici regionali, che li allontana dai “normali” pensionati. Scoppia il bubbone delle liquidazioni agli ex consiglieri.

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L'aula del Consiglio regionale del Trentino Alto Adige.

In tema di pensioni i consiglieri regionali in Trentino Alto Adige vogliono tornare ad essere una casta di privilegiati rispetto ai cittadini normali, tanto da suscitare le proteste del sindacato per la disparità di trattamento con i pensionatinormali”.

Secondo la denuncia la Cgil del Trentino, la I commissione permanente del Consiglio regionale presieduta dal leghista Mirko Bisesti ha approvato con sei voti a favore e cinque astensioni il disegno di legge 6 sulle “Modifiche alle leggi regionali in materia di trattamento economico e regime previdenziale dei/delle consiglieri/consigliere”, presentato dal presidente del Consiglio regionale, Roberto Paccher, pure lui della Lega Salvini. Paccher ha presentato un emendamento al ddl, in accordo con le minoranze, che prevede la possibilità per i consiglieri di rimanere nell’attuale sistema di contribuzione e l’emendamento è stato approvato all’unanimità, sbloccando di fatto la riforma del sistema previdenziale dei consiglieri regionali, oggi obbligati a versare ai fondi integrativi.

Peccato che così facendo si siano creati i presupposti per un ritorno ai vitalizi, sottolinea il sindacato, «e si sconfessa agli occhi dei lavoratori il sistema della previdenza complementare regionale. Ma soprattutto si perpetua un ingiustificato privilegio che permetterà ai consiglieri regionali di riscattare laute posizioni previdenziali già sessant’anni». Quando per i “normalipensionati ormai la soglia dai 63 anni s’innalza sempre più verso i 67 anni.

Il cambio di gestione ha effetti decisamente migliorativi per i consiglieri, visto che il rendimento pensionistico dei passerebbe dai 180 euro al mese netti dopo 5 anni di mandato del fondo di pensione complementare agli 830 euro netti al mese del fondo gestito direttamente dal Consiglio regionale. Che ovviamente raddoppiano per ogni legislatura, fino ad arrivare ai “vecchi3.000 euro netti al mese per un consigliere con 4 legislature di anzianità, la stessa cifra ante riforma del 2014. Pensione ovviamente cumulabile con altri trattamenti previdenziali, a partire da quelli che i consiglieri provinciali dipendenti maturano nel fondo di appartenenza durante l’aspettativa del mandato politico.

Una scelta che la Cgil del Trentino giudica «inaccettabile, perché sancisce, ancora una volta, una divaricazione tra i comuni cittadini e chi pro tempore siede in Consiglio regionale. Con la decisione assunta in Commissione, con il voto favorevole della maggioranza e l’astensione delle minoranze, si è deciso in modo pilatesco di non decidere lasciando ad ogni singolo consigliere la facoltà di scegliere se tenere l’attuale sistema o versare al nuovo fondo gestito dal Consiglio provinciale». Che, secondo molti interessati, dovrebbe offrire un trattamento migliore.

Per il sindacato «se una riforma deve essere fatta è solo quella di agganciare la previdenza dei consiglieri all’età pensionabile media dei lavoratori. Per il resto sarebbe stato più coerente, nel rispetto dei cittadini e delle istituzioni, ammettere di non essere interessati alla previdenza integrativa e dunque rinunciare ai versamenti. Più semplice, invece, trovare una soluzione che rafforza una condizione di privilegio. Si tratta di una scelta grave e per noi inaccettabile a cui continueremo ad opporci».

Non c’è solo la riforma della riforma, ma anche la gestione dei vecchi trattamenti ante riforma del 2014, che a seguito di una serie di pasticci legislativi e di ricorsi vinti da parte degli ex consiglieri, vedono oggi il Consiglio regionale costretto ad erogare ingenti liquidazioni, anche ben oltre il milione di euro, tant’è che quei 30 milioni recuperati dall’approvazione della riforma si sono già volatilizzati e rischiano pure di raddoppiare per via degli interessi da liquidare sulle somme non erogate dopo 10 anni di contenzioso.

Sempre il presidente leghista Paccher nella risposta ad un’interrogazione del consigliere di Onda, Filippo Deagsperi, ha fornito un quadro desolante dei privilegi della casta politica regionale, mettendo nero su bianco le cifre liquidate, ma omettendo per una risibile questione di tutela della riservatezza degli “ex” della casta i nominativi dei beneficiari, tanto ben sono ben 6 su 27 gli ex consiglieri che superano il milione di euro, altri tra gli 800 e i 900.000 euro, mentre pochi si aggirano attorno ai 200.000 euro.

 

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