L’alto costo della vita in Alto Adige, decisamente più alto della media italiana, è un peso non solo per i lavoratori, ma per l’intera popolazione. Quali sono però le cause dell’elevato livello dei prezzi? E come si potrebbe arginare il fenomeno?
Il direttore dell’Istituto promozione lavoratori di Bolzano, Stefan Perini, spiega che «i lavoratori altoatesini imputano l’alto costo della vita soprattutto ai cosiddetti “fattori di domanda” e la debole dinamica salariale al fatto che l’Alto Adige rimane troppo ancorata all’Italia nelle contrattazioni collettive».
Secondo i calcoli dell’Istituto promozione lavoratori, basati su un metodo utilizzato dalla Banca d’Italia, il costo della vita altoatesino è stimato (prudentemente parlando) maggiorato del 20% rispetto alla media nazionale. Agli intervistati è stato chiesto di valutare, su una scala da 0 (del tutto insignificante) a 10 (assolutamente rilevante), l’influenza di vari fattori sull’alto costo della vita in Alto Adige. I dipendenti hanno indicato il mercato immobiliare “surriscaldato” come il fattore più importante (voto medio: 7,24), seguito da vicino dallo standard di vita generalmente elevato (7,18). Fattori come l'”elevata presenza turistica” (6,94), gli “elevati standard qualitativi” (6,80) e il “ricco bilancio provinciale” che crea una domanda aggiuntiva (6,76) hanno un’importanza leggermente inferiore.
La “struttura distributiva inefficiente” con troppi intermediari (6,44), le posizioni di mercato dominanti (6,40), la piena occupazione e l’elevato costo del lavoro (6,32), le generalmente piccole dimensioni d’impresa (6,25) e la bassa produttività del settore terziario (6,05) appaiono invece meno rilevanti.
Si può notare come a tutti i fattori venga attribuita una certa importanza, anche se le differenze di ponderazione sono limitate. Il fatto che i salari in Alto Adige non tengano il passo con il costo della vita è attribuito principalmente a due fattori: da un lato, lo scarso sviluppo degli accordi territoriali e aziendali (valutazione media: 7,06) e, dall’altro, l’eccessivo orientamento delle retribuzioni verso i contratti collettivi nazionali (6,79).
La politica provinciale è inoltre percepita come poco favorevole ai lavoratori (6,67), ma anche la mancanza di conoscenze e competenze tra i decisori in termini di politica salariale (6,64) gioca un ruolo importante. Gli intervistati hanno invece dato meno peso al fatto che i dipendenti preferiscano negoziare i salari individualmente con il proprio datore di lavoro (6,59), all’inadeguatezza della rappresentanza sindacale (6,54) o agli scarsi benefici riservati alle aziende che pagano buoni salari ai propri dipendenti (6,53). All’ultimo posto c’è l’autocritica per la quale i dipendenti non sono sufficientemente consapevoli di poter ottenere di più insieme che da soli (6,52).
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