I sindacati denunciano l’aumento delle risorse ai privati e la mancata attivazione della norma che consente ai cittadini di farsi rimborsare le visite a pagamento quando le attese superano i limiti.
Malgrado le oltre 15.000 le prestazioni sanitarie recuperate da luglio a novembre 2024, sono oltre 11.000 i trentini nelle liste d’attesa per un’operazione o una visita specialistica e oltre la metà hanno già superato i tempi della priorità assegnata dai codici Rao.
La Giunta provinciale di Trento ha approvato nei mesi scorsi un provvedimento che istituisce l’Unità centrale di gestione dell’assistenza sanitaria e dei tempi e delle liste di attesa. Un modo per tentare «un cambio di paradigma nell’approccio alle liste di attesa, per una gestione maggiormente efficiente della domanda e dell’offerta di prestazioni sanitarie». Inoltre, l’Azienda provinciale per i servizi sanitari ha stretto un accordo con i medici specialisti ambulatoriali interni, veterinari e altre professionalità sanitarie ambulatoriali per «la riduzione delle liste di attesa attraverso la possibilità di programmare visite e attività aggiuntive, l’avvio del teleconsulto per offrire consulenze specialistiche a distanza, la copertura di località periferiche facilitando l’accesso alle cure per i pazienti».
Nel 2024 la spesa per i medici “gettonisti” è stata di oltre 11 milioni di euro. Intanto i sindacati denunciano l’aumento delle risorse ai privati: «a non lasciare dubbi sono i numeri. La giunta Fugatti dal 2018, data del suo insediamento, ad oggi ha quasi raddoppiato le risorse alla sanità privata (accreditata), passando da 42,1 a 72,6 milioni di euro del 2024 – denuncia la segretaria provinciale della Spi Cgil, Claudia Loro -. Una scelta chiarissima, mentre le strutture pubbliche soffrono, i cittadini devono fronteggiare liste d’attesa lunghissime e il personale è allo stremo e introvabile».
Parallelamente, ci sarebbe da chiedersi come fanno certi medici della sanità trentina, spesso gli stessi dirigenti, ad incrementare decisamente i loro stipendi con l’attività intramoenia con visite a pagamento, in alcuni casi giungendo anche a raddoppiare i loro guadagni tabellari da oltre 120-140.000 euro lordi all’anno.
E poi, ci sarebbe anche la mancata approvazione della norma statale, ribadita a livello provinciale, relativa alla possibilità per i cittadini di accedere alle prestazioni sanitarie specialistiche che non rispettano i tempi di attesa previsti dai codici Rao tramite il pagamento diretto salvo poi farsela rimborsare dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari.
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