Kaswalder e l’ingiusto licenziamento del suo segretario Pruner

La Cassazione ha confermato le caratteristiche di provvedimento ritorsivo dell’allora presidente del Consiglio provinciale verso il suo collaboratore. Ora tremano gli ex componenti dell’ufficio di presidenza per il conto da 285.000 euro.

kaswalder corte dei conti
L'ex presidente del Consiglio provinciale di Trento, Walter Kaswalder.

La Cassazione ha confermato le caratteristiche di provvedimento ritorsivo dell’allora presidente del Consiglio provinciale verso il suo collaboratore. Ora tremano gli ex componenti dell’ufficio di presidenza per il conto da 285.000 euro.

Quello di Walter Pruner fu un ingiusto licenziamento con carattere ritorsivo da parte dell’allora presidente del Consiglio provinciale di Trento, Walter Kaswalder, provvedimento che è costato al Consiglio stesso un risarcimento di 285.000 euro tra stipendi, spese legali e quota previdenziale. Il dato è stato comunicato dall’attuale presidente del Consiglio provinciale di Trento, Claudio Soini, rispondendo in tempi eccezionalmente celeri ad un’interrogazione della Dem Lucia Maestri la quale chiedeva come l’amministrazione dell’Assemblea legislativa dell’Autonomia speciale intendesse muoversi per rivalersi della cifra sborsata.

Nela sua risposta, Soini scrive che «il Consiglio provinciale ha versato, a titolo di risarcimento del danno a favore del ricorrente, una somma totale di euro 264.131,18, comprensivo delle retribuzioni mancate, relativi oneri anche fiscali, e delle spese legali di controparte, a cui vanno aggiunte le spese per la propria difesa nei vari gradi di giudizio pari ad euro 21.036,28».

L’erogazione della somma a favore di Pruner origina dal fatto che il Consiglio provinciale è stato condannato in sede civile in quanto il licenziamento è stato «qualificato come ritorsivo e quindi nullo». Una vicenda originata da uno “scazzopolitico di Kaswalder nei confronti del suo collaboratore reo di avere partecipato a titolo personale al congresso politico del Patt, storico partito autonomista da cui Kaswalder era uscito in contrasto con il vertice del partito.

Soini ha ereditato la patata bollente dalla precedente legislatura e ora ha chiesto ai funzionari del Consiglio lumi su come il nuovo ufficio di presidenza deve comportarsi «svolgendo i necessari approfondimenti per consentire al Consiglio di assumere gli eventuali provvedimenti conseguenti», aggiungendo in risposta ad una delle domande formulate da Maestri che «in merito alle ragioni per cui non è stato raggiunto un accordo extragiudiziale, risulta che nella fase antecedente al processo sono state ritenute fondate le motivazioni del licenziamento per escludere un accordo transattivo e che le medesime, riportate negli atti di causa, hanno fondato la posizione in giudizio definita in sede di Ufficio di presidenza della precedente legislatura».

Ora la palla passa allo stesso Kaswalder che, nonostante fosse stato più volte sollecitato a non trascinare per le lunghe tutta la vicenda processuale che presentava estremi piuttosto fragili e che invece è proseguita in ben tre livelli di giudizio tutti conclusi con la condanna del comportamento dell’ex presidente, aveva promesso di onorare personalmente gli eventuali oneri in caso di condanna di quella che era una battaglia giudiziaria personale di principio.

Ora, se Kaswalder non dovesse onorare un solenne impegno pubblico, oltre a compromettere la sua credibilità personale e politica che meriterebbe una doverosa immediata dimissione irrevocabile dal mandato ricevuto dagli elettori, il Consiglio provinciale dovrebbe avviare le procedure per la rivalsa nei confronti di coloro che decisero di resistere in giudizio in tutti i gradi del procedimento civile, quando invece una transazione tra le parti avrebbe consentito di ridurre di molto la spesa sostenuta, ovvero quei componenti dell’Ufficio di presidenza che votarono le delibere di costituzione in giudizio, oltre allo stesso Kaswalder la leghista Mara Dalzocchio, mentre tutti gli altri componenti della minoranza si erano astenuti.

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