La maggioranza di centro destra che governa la provincia di Trento deve essere decisamente a corto di figure spendibili e, possibilmente, specchiate per ricoprire incarichi ai vertici di istituzioni, società partecipate e di servizi pubblici, come nel caso di Giacomo Bernardi.
Ha fatto discutere le modalità di nomina di un giudice del Tar di Trento di spettanza della Provincia, già un ossimoro in quanto il controllato nomina uno dei controllori, con la maggioranza della giunta guidata dal leghista Maurizio Fugatti che ha deciso con voto segreto di indicare Giacomo Bernardi per la sostituzione del magistrato Antonia Tassinari che va in pensione a settembre 2025.
Stride il fatto che Giacomo Bernardi, già responsabile dell’Avvocatura della Provincia e fresco di nomina a Difensore civico, sia stato il prescelto dalla maggioranza, specie dopo le difficoltà occorse per la sua nomina all’organismo di composizione delle vertenze tra cittadini e pubbliche amministrazioni locali per via dell’alto quorum necessario per la sua nomina.
Da parte delle minoranze c’è stato un Aventino con l’abbandono della votazione nell’aula del Consiglio provinciale, parlando di «inopportunità della nomina di una figura già esposta politicamente» (Alessio Manica, Pd) o di «metodo censurabile» (Francesco Valduga, Campobase) o, ancora, di «barzelletta» (Filippo Degasperi, Onda).
Pilatesco l’operato del presidente del Consiglio provinciale Claudio Soini (espressione della maggioranza di centro destra): «posso dire che è stato ottimo il lavoro fin qui svolto da Bernardi come difensore civico. L’avvocato resta in carica fino al decreto del presidente della Repubblica che seguirà alla nomina a giudice del tribunale amministrativo, nomina spettante al Consiglio dei Ministri, cui notificherò la designazione del Consiglio provinciale».
La nomina di Giacomo Bernardi a giudice del Tar che passa da un incarico all’altro con estrema nonchalance e senza preoccuparsi – assieme a chi lo sostiene – del problema dell’opportunità, fa ritenere che la maggioranza di centro destra sia decisamente a corto di riserve dell’Autonomia speciale per coprire le varie caselle di nomine che si devono effettuare.
E anche quando ciò avviene, spesso parerebbe ricorrere a personaggi che poi incappano in qualche problemino con la giustizia, come sta avvenendo in questi giorni con l’inchiesta “Sciabolata” che ha colpito l’ex presidente di Patrimonio del Trentino, la società che gestisce i beni immobiliari della galassia Provincia di Trento. L’ex presidente di Patrimonio di nomina fiduciaria del presidente della Provincia, il leghista Maurizio Fugatti (e già suo capo di gabinetto in giunta regionale), Andrea Villotti, è finito agli arresti domiciliari per avere, secondo le accuse della Procura, preparato un bando di alienazione del Grand Hotel Imperial di Levico Terme cucito su misura per un imprenditore alberghiero finito arrestato per un giro di spaccio di stupefacenti e riciclaggio di denaro sporco con un possibile addentellato di prostituzione – aspetto ancora in corso di valutazione da parte degli inquirenti –, di cui potrebbe avere goduto lo stesso Villotti oltre ad alcune regalie e omaggi vari in ristoranti e alberghi. Per non dire dell’ex vicepresidente di Patrimonio, Andrea Merler, solo sfiorato da un’altra clamorosa indagine del crack dell’immobiliarista austriaco René Benko su favoritismi immobiliari, ma colto, a quanto pare essere emerso dalle intercettazioni telefoniche degli inquirenti, in “utilità” bagatellari di altro tipo, come regalie di pneumatici per l’automobile o materassi nuovi per il suo letto di casa.
Se un’Autonomia speciale per incarichi di responsabilità si deve basare su personaggi di tal fatta, sempre presunti innocenti fino a giudizio definitivo, probabilmente la responsabilità principale sta in quei politici che nel tempo hanno preferito circondarsi ed allevare soggetti la cui unica specialità era (ed è) l’ossequienza a prescindere e la capacità di flettersi a 270 gradi. E coloro che hanno permesso e coltivato un simile andazzo più che politici sono dei politicanti di quart’ordine che, fuori dalla promozione sociale ed economica loro garantita dalla politica e dalle relative munifiche indennità di carica, non hanno alcun retroterra.
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