Per Luigi Brugnaro chiesto il rinvio a processo

Il sindaco di Venezia è accusato di corruzione. Chiesto il giudizio per altri 33, anche stretti collaboratori.

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Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro.

Dopo un periodo di stasi, la Procura della Repubblica di Venezia ha chiesto il rinvio a processo per il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, e i suoi due più stretti collaboratori, il capo di gabinetto e direttore generale, Morris Ceron, e il vice di questi, Derek Donadini.

La richiesta di rinvio a giudizio dei vertici dell’amministrazione comunale riguarda le vicende di presunta corruzione legate ai progetti sui terreni della laguna di proprietà delle aziende del sindaco e imprenditore.

I pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini hanno deciso così di portare davanti al Gup l’indagine sfociata negli avvisi di garanzia e negli arresti del 16 luglio scorso, tra cui quello clamoroso del potente ex assessore alla mobilità Renato Boraso. Il filonepolitico” della maxi-inchiesta riguarda la trattativa sull’area dei “Pili”, ai margini della laguna di Venezia, promessa al magnate di Singapore, Ching Chiat Kwong, al quale sarebbe stato “svenduto” il Palazzo Papadopoli; anche l’imprenditore asiatico è imputato, assieme al suo referente in Italia, Luis Lotti.

Sono in tutto 34 le persone finite nell’indagine: a fianco del filone di Luigi Brugnaro, quello di Boraso è costellato di una serie di presunte tangenti legate a piccoli e grandi favori connessi a varianti urbanistiche, percorsi di favore in concorsi, assegnazioni di appalti, fatte figurare come consulenze fittizie. L’ex assessore ha già in corso un patteggiamento a 3 anni e 10 mesi con la confisca di 400.000 euro, in una tranche processuale che dovrebbe concludersi davanti al Gup il 16 maggio.

I “Pili“, lingua di terra inquinata da decenni a lato dei grandi depositi petroliferi e delle raffinerie di Porto Marghera, era stata acquistata dal Luigi Brugnaro imprenditore nel 2006 per 5 milioni di euro, e poi passata al “blind trust” di diritto americano che controlla le sue società. A Ching, in cambio della promessa di un aumento di cubatura, il Brugnaro sindaco avrebbe proposto l’acquisto a 85 milioni di euro, poi lievitati a 150 con la promessa di un aumento di cubature per l’edificazione di grattacieli, ville e un palasport, un casinò, una casa di riposo e altro.

Nella trattativa era stato coinvolto l’imprenditore trevigiano Claudio Vanin, che è diventato il “grande accusatore” di Brugnaro. Secondo le indagini della Guardia di Finanza, nella partita sarebbe rientrato l’acquisto di Palazzo Papadopoli da parte di Ching, valutato dapprima 14 milioni e poi sceso a 10,8. In questa vicenda Boraso avrebbe preso una tangente da 73.000 euro, sempre sotto forma di falsa consulenza.

Tra gli indagati ci sono vari esponenti di spicco dell’amministrazione veneziana, come l’ex direttore della holding veneziana dei trasporti Avm, Giovanni Seno, il dirigente Fabio Cacco, il direttore del Casinò, Alessandro Cattarossi, la direttrice di Insula, Alessandra Bolognin.

Dopo l’avviso di conclusione delle indagini a febbraio, con atti per decine di migliaia di pagine, Brugnaro e i suoi collaboratori avevano rinunciato a farsi interrogare dai pm; il sindaco ha continuato a sostenere la propria estraneità ai fatti, a dire anche in pubblico che non c’era stata nessuna trattiva sui “Pili” e che l’immobile era stato venduto a un prezzo congruo dopo due aste andate deserte. Ching ha ribadito di aver rinunciato quasi da subito alla proposta, non essendo nemmeno d’accordo su un aumento di cubatura dell’area.

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