I progetti di “Hydrogen valley” messi in cantiere nelle varie regioni d’Italia grazie all’ondata di fondi europei stanno procedendo a rilento se non arenandosi del tutto nelle secche di progetti d’investimento mal concepiti, tendenti al gigantismo piuttosto che al reale contenimento delle emissioni, specie nel campo dei trasporti.
La Lombardia aveva puntato forte sull’idrogenizzazione dei trasporti su ferro in alternativa agli attuali treni diesel operanti sulle linee non elettrificate, a partire da quella tra Rovato ed Iseo, puntando ad utilizzare i treni ad idrogeno di Alstom che, dopo il notevole interesse iniziale, stanno virando in ritirata per problemi sul fronte della produzione e dell’affidabilità. E proprio i problemi di fornitura dei nuovi treni stanno facendo rallentare i progetti di potenziamento della linea.
Non solo: nell'”Hydrogen valley” lombarda ora arrivano anche problemi connessi alla realizzazione del centro di produzione di idrogeno per alimentare i treni della linea previsto ad Iseo, dove la localizzazione si sta rilevando decisamente sfortunata, con forti venute d’acqua nel suolo di fondazione. Una situazione che, secondo i residenti, non era ignota, fosse solo per il fatto che la zona era già conosciuta per la forte umidità e per la vicinanza dell’acquedotto comunale. Nonostante l’intervento continuativo di tre pompe per allontanare la risorgiva, i lavori per la realizzazione dell’edificio che dovrebbe ospitare l’elettoidrolizzatore per la produzione dell’idrogeno sono fermi da un mese.
Ancora una volta, parerebbe che il committente pubblico FNM (Ferrovie Nord Milano) abbia fatto il passo più lungo della gamba, cavalcando la nuova via dell’idrogeno per il trasporto ferroviario sulle linee non elettrificate, senza valutare alternative più percorribili e meno costose.
Sulla realizzazione dell'”Hydrogen valley” interviene anche il coordinatore di “Patto per il Nord”, Paolo Grimoldi, secondo cui «assistiamo a troppi politici e a troppi amministratori di aziende pubbliche di nomina politica che spesso paiono non conoscere e non capire fino in fondo la portata delle loro decisioni, nonostante l’impegno di tanti fondi pubblici. Ridurre l’impatto ambientale del trasporto pubblico va bene, ma non va bene spendere denari pubblici tanto per spendere soldi che arrivano da finanziamenti europei».

Per Grimoldi «prima di imbarcarsi sull’acquisto di treni ad idrogeno di realizzare centri di produzione di idrogeno o anche acquistare autobus elettrici a batteria cavalcando l’onda del politicamente corretto propalata dalla Commissione europea, sarebbe stato meglio riflettere sulle alternative esistenti, che sono anche frutto della ricerca italiana, come i biocarburanti sostenibili prodotti a partire da scarti agricoli, olii esausti di cucina, fanghi da reflui fognari e reflui zootecnici. Il gasolio Hvo sviluppato da Eni nelle due bioraffinerie di Marghera e si Gela, cui s’aggiungerà tra poco quella di Livorno, è in grado di abbattere fino al 90% le emissioni inquinanti sui motori Diesel dei mezzi già in circolazione, senza la necessità di cambiarli. Di più: puntare sul gasolio Hvo consente pure di acquistare nuovi mezzi Diesel che costano decisamente meno di uno a batteria o ad idrogeno, consentendo a parità di finanziamento di acquistare più mezzi, oltre ad avere meno problemi di manutenzione e di autonomia. E’ troppo per i vari vertici delle aziende di trasporto pubblico locale decidere in base alle tecnologie e ai dati piuttosto che alle mode propalate da politici presso privi di qualsiasi conoscenza tecnica e scientifica che non sia la loro pura ideologia con paraocchi?»
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