Il Consiglio della regione Veneto ha approvato a maggioranza, con il voto contrario dell’opposizione, il disegno di legge n. 351, d’iniziativa della Giunta regionale, circa “Autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno 2026“.
In sostanza, e in linea generale, come ricordato dal relatore Luciano Sandonà (Lega-LV), ai sensi dell’articolo 43 del decreto legislativo n. 118/2011 e dell’articolo 56 dello Statuto del Veneto, è previsto che, nel caso di mancata approvazione del bilancio di previsione entro l’anno, il Consiglio regionale possa autorizzare con apposita legge l’esercizio provvisorio, per un massimo di quattro mesi. Più in particolare, domenica 23 e lunedì 24 novembre prossimi, così come stabilito con decreto del presidente della Giunta regionale n. 56 del 19 settembre 2025, si terranno le elezioni regionali: tenuto conto dei tempi necessari per l’insediamento della nuova Giunta e per l’approvazione del bilancio di previsione 2026-28, che potrebbe avvenire dopo il 31 dicembre 2025, l’esecutivo ha presentato il disegno di legge di esercizio provvisorio del bilancio per l’anno 2026 al fine di garantire il corretto funzionamento ordinario dell’ente.
Il correlatore del provvedimento, il capogruppo Pd Vanessa Camani, ha stigmatizzato con particolare forza «l’assenza in aula del presidente Luca Zaia nel corso del dibattito relativo a un provvedimento tecnico che però ha una grande valenza politica, un atto che impedirà alla nuova maggioranza, qualunque essa sia, di governare l’inizio della prossima legislatura, destinata a partire con l’handicap di un bilancio blindato: l’esercizio provvisorio non è un dramma in sé, ma è un ammettere che la retorica della buona amministrazione era finta».
E per evitare l’esercizio provvisorio sarebbe bastato indire le elezioni regionali in anticipo, senza aspettare l’ultima data disponibile tra quelle stabilite dal Consiglio di Stato. Quindi, l’esercizio provvisorio si tratta di una brutta eredità che Zaia lascia al suo successore.
Intanto, sempre dal fronte delle opposizioni si contesta alla maggioranza uscente della Lega Salvini premier i ritardi nella nomina di un candidato presidente da contrapporre a Giovanni Manildo già da settimane in corsa per il centro sinistra.
«A meno di 8 settimane dal voto veneto il centrodestra non ha ancora un candidato presidente. Ci dicono che mancano poche ore o pochi giorni, ma è incredibile che si sia dovuto aspettare l’esito delle elezioni nelle Marche perché i partiti di centrodestra trovassero – forse – un accordo. Sempre non serva aspettare anche la Calabria… – chiosa Andrea Martella, segretario regionale del Partito Democratico del Veneto -. È una mancanza di rispetto verso il territorio, le famiglie, le imprese, verso chi lavora e fatica ogni giorno. Ma anche verso le stesse elezioni, private del giusto tempo per un confronto serio. Una regione importante come il Veneto merita di più».
Martella gira il coltello nella piaga di quella autonomia parolaia interpretata dalla svolta nazionalistica dei salviniani: «che Autonomia è quella di chi deve aspettare come vanno le elezioni in altre parti d’Italia per decidere chi sarà in corsa nella nostra regione? E con che credibilità questa coalizione può pensare di guidare una regione come il Veneto in una fase così delicata?»
Soprattutto, i salviniani farebbero meglio arrendersi all’evidenza dei numeri che indicano come la loro forza politica sia su una china elettorale di continui cali, confermati anche nelle elezioni delle Marche e della Val d’Aosta e, probabilmente, anche della Calabria il prossimo fine settimana. Salvini & C. farebbero meglio a riconoscere onorevolmente il profondo cambiamento degli equilibri politici dopo l’abbandono del Nord come ragione sociale e denominatore della propria azione politica, ormai surclassata anche negli ex feudi del Nord da Fratelli d’Italia e superata anche da Forza Italia.
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