“Blue Crab”: a Chioggia il punto condiviso sul progetto europeo

Obiettivo contrastare e rendere una risorsa il granchio blu.

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Blue Crab Granchio blu

Blue Crab” vuole essere un modello di gestione condiviso che dia una risposta concreta su cosa mangia, come e quando si riproduce, perché ama così tanto l’Adriatico e le lagune il famigerato granchio blu, arrivato in maniera massima nel 2023 in Veneto dopo l’alluvione dell’Emilia, che ha trovato nei mari di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Slovenia il luogo migliore dove crescere e proliferare, mettendo in ginocchio un’economia fiorente come quella della pesca locale. 

E’ questo lo stato di fatto e l’obiettivo prossimo futuro di “Blue CrabControllo, mitigazione e interventi per la gestione del granchio blu: un approccio transfrontaliero” progetto cofinanziato dal Programma europeo Interreg Italia–Slovenia, che vede in atto attività di ricerca e di monitoraggio effettuate tramite sonde subacquee e pesca selettiva, finalizzate a studiare la diffusione del granchio blu e a sviluppare strategie di contenimento grazie ad una rete di soggetti che ha visto Confcooperative del Veneto capofila del progetto e che sta analizzando in particolare le zone di Chioggia, Caorle, Marano Lagunare, Pirano.

Il progettoBlue Crabdovrebbe concludersi, salvo possibili proroghe di altri 6 mesi, ad aprile 2026 e che a Chioggia, ha visto svolgersi un meeting di progetto e una delle “study visit” previste. Il punto della situazione è stato fatto con il vicesindaco di Chioggia, Serena De Perini, e l’assessore regionale veneto all’Agricoltura e Pesca, Cristiano Corazzari

«Oggi stiamo cominciando a capire dove il granchio blu si riproduce, che si riproduce due volte l’anno, che mangia qualsiasi cosa, che ha fatto sparire vongole di mare e telline solo per citarne alcune. Siamo però solo a metà del guado dei dati da raccogliere ed elaborare – ha detto Paolo Tiozzo, presidente di Confcooperative del Veneto – perché stiamo lavorando con la biodiversità e ci vogliono tempi lunghi. Questo progetto però ha il merito di mettere assieme scienza, operatori e tecnologie all’avanguardia per “studiare il nemico” o meglio cercando di comprendere come contenere i danni e farlo diventare un’opportunità, calcolando però che il 95% non è commerciabile perché ormai granchio maturo».

Nel farlo diventare un’opportunità, l’assessore Corazzari cita l’esempio di una multinazionale dello Sri Lanka che sta lavorando nella sacca di Scardovari, assieme alle cooperative locali, commercializzando nel loro paese e in Messico il granchio blu, facendolo poi lavorare in loco, a costi minori di manodopera. «L’esempio viene da Scardovari– ha detto Corazzari – dove pochi mesi fa è partito il primo container carico di quintali di granchio blu, destinazione Sri Lanka, dove questo crostaceo è considerato una vera prelibatezza. Intanto questo progetto e modello di ricerca sarà utile per trovare una soluzione condivisa per arginare il fenomeno che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese, soprattutto cooperative. Un modello utile alle nostre lagune perché non possiamo importare modelli esteri che non rispondono alle esigenze dei nostri territori».

A confermarlo anche Alberto Pallavicini, professore di Genetica all’università di Trieste: «il granchio blu nel suo ambiente di origine non ha mai avuto un’esplosione come quella che stiamo vedendo nei nostri mari che sono come i Caraibi per loro acque perfette, un sacco di nutrimento. E finché ci sono queste condizioni continuerà ad espandersi. In ogni caso dobbiamo cominciare a considerarlo di casa e non più un mostro alieno. Sappiamo d’altronde che è un ottimo prodotto nel nord degli Stati Uniti e in Oriente è molto ricercato. Per questo dobbiamo iniziare a considerarlo una risorsa, facciamo in modo che entri quotidianamente nei consumi alimentari».

Per il vicesindaco De Perini «il granchio blu è un flagello comune per molti ma possiamo unire le forze e combatterlo assieme come in questo caso. Ormai il granchio blu è diventato autoctono, ma non lo conosciamo abbastanza. Dobbiamo per questo pensare ad una sostenibilità, possiamo cioè domarlo non sconfiggerlo».

Il progettoBlue Crab” ha un budget complessivo di oltre 1 milione di euro (cofinanziato dal FESR per circa 850.000 euro) e si svilupperà fino al 2026, con l’obiettivo di proteggere la biodiversità marina dell’Alto Adriatico, salvaguardare gli habitat costieri e ridurre l’impatto della specie invasiva “Callinectes sapidus”, responsabile di gravi danni economici e ambientali.

Particolare attenzione è rivolta alla creazione di un osservatorio sul granchio blu e sulla biodiversità dell’Alto Adriatico, che sta fungendo da strumento stabile di monitoraggio e coordinamento tra Italia e Slovenia, con il coinvolgimento delle comunità locali e degli operatori della pesca.

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