Al MuSa di Salò è tempo di “Contemplazioni”

Non solo Gasparo da Salò e la liuteria. Fino all’8 dicembre, a tu per tu con le opere dei visionari Arrivabene, Serafini, Gnoli, Inzerillo, Pesce. A cura di Vittorio Sgarbi. di Silla Araldi 

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Musa di salò

Tra l’arco di passaggio della Porta/Torre dell’Orologio ed il leone di San Marco ivi dipinto si trova l’invito alla II edizione de “Salò Garda Flowers” (piante, fiori, nelle vie del centro storico di Salò, sponda bresciana del Benaco, 26-28 aprile 2019). Proprio di fronte alla bronzea “Fanciulla dei fiori” di Angiolino Aime, ispirata dai versi di Giosuè Carducci che, nelle “Odi barbare”, descrive la località salodiana. Versi riportati sul parapetto che delimita la piazza riqualificata di recente, su progetto dell’architetto Marcello De Carli.

Sulle gradinate di marmo c’è chi naviga all’url festivalacquedotte.it (Cremona e Salò, 22 giugno-22 luglio 2019) anche per recuperare il programma della 61ª edizione de “Estate Musicale del Garda – Gasparo da Salò” (Salò, 6 luglio-2 agosto 2019). Scorrendolo si legge: “Violino Ole Bull in concerto. Il legno della Val di Fiemme rinasce grazie alla musica” in collaborazione con Comune di Salò, Scuola Internazionale di Liuteria di Cremona, Provincia Autonoma di Trento, assessorato all’agricoltura e foreste, Comunità montana Parco Alto Garda Bresciano, Federforeste.

Un progetto che vede la Scuola Internazionale di Liuteria “Antonio Stradivari” realizzare, nel proprio laboratorio, una copia fedele dell’Ole Bull, iconico violino di Gasparo da Salò (1540-1609). Verrà suonato durante tutti i concerti del festival e, successivamente, donato al museodisalo.it Arricchirà la sezione espositiva “Gasparo e la liuteria bresciana” che ospita, fra gli altri, anche il contrabbasso Biondo (1590). Come contropartita, i vari soggetti consorziati doneranno alla stessa Scuola, una fornitura di tavole di pregiato abete di risonanza proveniente dalla Val di Fiemme, legno usato, sin dai tempi di Gasparo, per costruire i migliori violini.

Due passi ed ecco il MuSa (Museo di Salò, socio de gardamusei.it), già convento di Santa Giustina, in via Brunati 9. Lì, è in corso, fino all’8 dicembre 2019, “Contemplazioni: i visionari” a cura di Vittorio Sgarbi.Musa di salò

L’inaugurazione? Il 9 aprile. Ammirate, all’esterno, epigrafi romane e, all’interno, la maestosa “Eterna Illusione” di Gregorio Sciltian, al chiostro, il direttore Giordano Bruno Guerri, con i saluti, ricorda l’offerta diversa e stimolante del museo aperto nel 2015. Cita le grandi mostre dal 2016: “Da Giotto a de Chirico”, “Il museo della follia. Da Goya a Bacon”; “Italianissima”. Fra le novità: l’aula didattica informatizzata intitolata a Gabriele d’Annunzio, finanziata anche da regione Lombardia; la rinnovata sezione espositiva della Civica Raccolta del Disegno; “Face to Face” (fino al 30 giugno 2019) a cura di Anna Lisa Ghirardi; il museo del Ventennio, del fascismo e dell’antifascismo, storia italiana, senza omaggi e/o accanimento, dal prossimo autunno/inverno.

«Quando Sgarbi ha detto che il MuSa era un contenitore vuoto mi sono arrabbiato, perché non teneva conto degli sforzi e dell’impegno per realizzarlo – afferma il sindaco Gianpiero Cipani –. Scommessa rischiosissima, ma, in tre anni, i visitatori paganti sono stati 100.000. Un risultato importante».

La parola passa all’assessore regione Lombardia all’autonomia e cultura, Stefano Bruno Galli: «questa mostra è suggestiva nelle sue sollecitazioni culturali, non come quella che sarà a Mantova». Si sofferma a criticare molto la scelta del direttore della reggia deiGonzaga, Peter Assmann, che, a Palazzo Ducale, ha confermato la mostra di Hermann Nisch. Pensa che sia proprio sbagliato il luogo scelto, Patrimonio Unesco, e che non sia necessario ricorrere alle opere di Nisch. Con Gaetano Pesce e Luigi Serafini, due dei “visionari” proposti al MuSa, ritorna orgoglioso di poter ricordare il rapporto tra arte, architettura, design. Cita Pesce e va al Museo del Design Italiano, alla Triennale di Milano, inaugurato l’8 aprile. Nomina Serafini e si ritrova fra le pagine dell’”Encyclopédie” di Diderot e d’Alembert richiamata dal “Codex Seraphinianus”.

È la volta del curatore Vittorio Sgarbi. Si ricollega alla critica dell’assessore regionale. «Non condivido l’irruzione polemica di Galli. Me lo avesse chiesto, gli avrei consigliato di evitarla». Così gli ricorda la proprietà statale di Palazzo Ducale; il ricorso – respinto – della sovrintendente di Parma e Piacenza, già di Mantova, Giovanna Paolozzi Maiorca Strozzi contro la nomina dell’austriaco Assmann; i dirigenti non italiani, con la riforma dell’ex ministro Franceschini, solo in ambito beni culturali; il MuSa unico grande museo della Lombardia; il silenzio, unica vera censura.

Prosegue evidenziando che l’arte contemporanea provoca, va lasciata andare avanti, perché è nello scandalo che essa si afferma. Polemizzare concettualmente contro l’austriaco Nisch è favorirlo. La mostra con le opere di Nisch aumentano il valore di mercato dell’artista, non quello di Palazzo Ducale a Mantova.

L’arte contemporanea necessita di spazi dedicati: MACRO, MAMbo, MAXXI. Passa, con il sorriso, alla prova di castrazione dell’artista austriaco Rudolf Schwarzkogler e, generalizzando, dice: «odio alcuni artisti la cui leggenda è più forte della loro arte».

Quando cita la visita di Remo (Alberto Sordi) e Anna (Anna Longhi) alla Biennale di Venezia, ironia sull’arte contemporanea, nel film “Le vacanze intelligenti” (recuperabile su YouTube) e quando fa la distinzione fra arte applicata e arte implicata, porta la memoria fra le righe dell’introduzione del suo “Il Novecento. Da Lucio Fontana a Piero Guccione”, volume II. Dice che l’arte applicatamostra lo spirito del tempo, è decorativa, divertimento. La lascia ad altri critici. Mentre l’arte implicata è quella dove si sente che l’artista è dentro l’opera, dove si rappresenta il dramma dell’uomo. È quella che preferisce.

«Io, qui, sono il curato, non il curatore. Cosa ho fatto? Ho cercato seguendo la forza dell’opera che mi travolge. L’arte non è solo quella legata ai mercati» dice Sgarbi, precisando che bisogna capire la qualità, i talenti. Presenta, in sintesi, i cinque artisti scelti, i “visionari”: Agostino Arrivabene, Luigi Serafini, Cesare Inzerillo, Domenico Gnoli, Gaetano Pesce. Rileva che hanno in comune due cose: l’essere individui senza bottega, scuola, compagni di viaggio. Capaci di far scaturire felicità dalle loro opere, perché danno il senso della vita.

Sottolinea che la sua proposta è diversa rispetto a quella che sarà presentata, a maggio, alla Biennale Arte. Là ci saranno tutte cose dimenticabili e si creeranno inquietudini, quindi se ne uscirà infelici. Al MuSa, invece, c’è l’antibiennale. Sgarbi chiude con: «sono qua, perché voglio che siate felici».

Dopo il taglio del nastro, inizia la visita. Il percorso si snoda in un susseguirsi di stanze dedicate ai singoli artisti. Apre “Iera (sacra)” di Arrivabene (Rivolta d’Adda, 1967). La luce illumina esclusivamente le numerose opere. Si raggiunge “Persephone C.”, la donna carota di Serafini (Roma, 1949), sotto una brillante luna crescente. Quindi lo spazio Gnoli (Roma, 1933-New York, 1970). Calamitano “Le Comedien” e “Buste en vert”.Musa di salò

Si ritorna al buio, lungo corridoi tappezzati con carta da parati dal sapore barocco. Qui, guardando oltre lenti oblò, si possono ammirare le creazioni di Inzerillo (Palermo, 1971). Questi è anche in “dialogo” proiettato con “La classe morta” di Tadeusz Kantor. Fra gli eventi in fuorisalone.it si trova l’installazione “Maestà sofferente” di Pesce (La Spezia, 1939)? Qui, invece, “Up vestita. Alla parete: “Donna vitruviana”.Musa di salò

Nell’ultima sala “6 opere per una collezione della Civica Raccolta del Disegno”: “I vedenti” di Alighiero Boetti, “Senza titolo” di Carla Accardi, “Senza titolo” di Nanni Valentini, “Composizione” di Emilio Vedova, “Ombre fugaci” di Giulia Napoleone, “Studio per il 2° martirio di San Sebastiano” di Agostino Arrivabene.

Come tutte le tre grandi mostre ricordate dal direttore Guerri, quella in corso porta non solo a Sgarbi, ma anche al suo staff: Giovanni Lettini, Sara Pallavicini, Stefano Morelli, “Contemplazioni l’Impresa della Cultura”.

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