Tonni e squali in Adriatico

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L’alto Adriatico nell’Ottocento: pieno di tonni e di squali

Pensare oggi che poco più di un secolo fa dinanzi a piazza San Marco a Venezia o davanti al castello di Miramare a Trieste sguazzassero tranquillamente nelle acque dell’Adriatico tonni e squali sembra incredibile, ma era la norma. A quantificare la scomparsa dei grandi pesci dal nord dell’Adriatico  sono stati i ricercatori dell’Ogs di Trieste e dell’Ispra di Chioggia: basandosi sulle osservazioni storiche sono riusciti a risalire fino a due secoli fa, e la fotografia del mare a quei tempi è decisamente diversa da quella di oggi.

 

Secondo Simone Libralato dell’Ogs, “l’osservazione principale è che sono scomparse le grandi specie, come gli squalidi o le mante così come i tonni, che fino al 1954 erano comunissimi. Ora prevalgono specie più piccole, come alici e sardine, perché sono stati tolti i loro predatori”. Il frutto di questa ricerca è stata presentata dai ricercatori al Museo del Mare di Trieste. I dati sono stati ottenuti incrociando i registri storici del pescato dei porti principali del nord dell’Adriatico con le osservazioni dei naturalisti, un sistema che ha permesso di risalire agli ultimi 200 anni, mentre i soli dati raccolti dagli scienziati coprirebbero a malapena 40 anni.

Come sottolinea lo studio, la principale responsabilità del declino di tonni e squali nell’Alto Adriatico è della pesca, visto che i primi cambiamenti si vedono già alla fine dell’800: per Libralato ”non a caso durante le due guerre mondiali, quando la pesca si è interrotta, le popolazioni dei grandi pesci sono aumentate e questo ci dice che i cambiamenti, almeno per alcune specie, sono reversibili, a patto di intervenire con decisione sulla selettività della pesca cambiando le tecniche, aumentando i periodi di fermo e le aree protette”. Cosa che potrebbe anche contribuire a ripopolare la fauna ittica del mare Adriatico, oggi piuttosto ridotta, anche a causa dei forti prelevamenti degli anni scorsi e dell’inquinamento del mare.