Confartigianato Emilia Romagna, in regione a rischio 20.000 Pmi

In Veneto, secondo la Cgia, tra ristoranti e parrucchieri già persi 127 milioni di fatturato in due sole settimane. 

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obbligo di chiusura dei negozi alla domenica confartigianato commerciante serranda negozio

Secondo il Centro studi di Confartigianato Emilia Romagna, «le attività artigiane di servizio alle persone, che fino al 25 marzo sono chiuse, comprendono 20.856 imprese artigiane con quasi 52.000 addetti». Questi i numeri, che vedono esclusi dal computo totale i settori che non rientrano nelle chiusure previste dal Dpcm dell’11 marzo, ovvero lavanderie, tintorie e servizi di onoranze funebri che comprendono 1.207 imprese artigiane registrate, e il comparto dell’autoriparazione che conta 5.332 imprese artigiane.

«Chiediamo fin da subito – commenta Marco Granelli, presidente di Confartigianato Emilia Romagna e vice presidente vicario nazionale di Confartigianato Imprese – un’attenzione maggiore alle istanze delle imprese da parte della pubblica amministrazione e dei suoi funzionari, con regole che alleggeriscano il carico burocratico e semplifichino il ritorno alla normalità».

In Veneto, secondo la Cgia di Mestre, acconciatori e ristoratori in queste 2 settimane di chiusura obbligatoria per l’emergenza Coronavirus hanno perso quasi 127 milioni di fatturato. Per la Cgia le misure di contenimento dal contagio del Coronavirus introdotte il 12 marzo scorso dal governo BisConte hanno costretto alla chiusura obbligatoria, per almeno 15 giorni, i saloni di bellezza (parrucchieri, estetiste e barbieri) e i bar-ristoranti (a cui si aggiungono le gelaterie e le pasticcerie).

«Sebbene ci troviamo di fronte a delle attività che nella stragrande maggioranza dei casi hanno dimensioni contenute – sostiene la Cgia -, il peso economico e la funzione sociale non sono comunque trascurabili».

Secondo un’analisi effettuata dalla Cgia, tra il 12 e il prossimo 25 marzo questi 2 macro settori presenti nel Veneto rischianodi perdere 126,9 milioni di euro di incassi, di cui 20,7 in capo agli acconciatori e 106,2 ai bar-ristoranti. Due comparti che complessivamente sono composti da oltre 35.500 aziende che danno lavoro a circa 170.000 addetti.

E se il periodo di chiusura dovesse essere ulteriormente prolungato, come sembrerebbe profilarsi, il danno sarebbe ancora maggiore con tante, troppe imprese destinate a non sollevare più le cler.

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