Trentino, grido di allarme degli esercenti dei pubblici esercizi

Baristi e ristoratori di Confcommercio e Confesercenti lamentano il calo verticale dei fatturati anche in presenza di un confinamento (ancora) inesistente.

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Osservatorio consumi Confimprese-Ey

Le tre organizzazioni di rappresentanza del settore della somministrazione di bevande e alimenti attive in Trentino (Fiepet Confesercenti Trento; Associazione pubblici esercizi Confcommercio Trentino; Associazione ristoratori Confcommercio Trentino) in una nota congiunta chiedono interventi rapidi e significativi a fronte del crollo verticale dei fatturati degli esercizi associati per via delle restrizioni introdotte dagli ultimi Dpcm che mettono in stato di blocco l’intero comparto della somministrazione. 

La chiusura alle ore 18.00, significa rendere impossibile o quasi il proseguimento dell’attività. Molti clienti lavorano in modalità da remoto ormai da mesi e da lunedì scorso, con l’inizio della didattica a distanza, ha rarefatto la clientela studentesca. Ci sono dei bar/bistrot/ e ristoranti in Trentino che lavorano solo la sera, senza dimenticare la chiusura totale di sale giochi e simili.

«L’ultimo Dpcm del governo BisConte – scrivono le tre categorie dei pubblici esercizi del Trentino – ha messo ulteriormente in ginocchio tutto il comparto. Riteniamo che Governo e Provincia debbano intervenire subito: servono ristori adeguati, soluzioni per gli affitti e per il credito, una cassa integrazione che possa essere utilizzata in maniera uniforme, per tutti i dipendenti (anche per quelli che sono stati assunti nel periodo estivo) e anche per i lavoratori atipici. Il decretoRilancio” e il successivo “Ristoro” hanno previsto interventi di contribuzione a fondo perduto. Si tratta di un impegno assolutamente da non sottovalutare, ma che rappresenta in termini reali un’incidenza trascurabile del fatturato annuo, non in grado di sostenere i costi delle imprese. Non c’è più tempo da perdere: bar, ristoranti e pub hanno già raggiunto il limite dopo un anno disastroso, lo stop decretato dal Dpcm rischia di far chiudere migliaia di attività e contratti di lavoro». 

«Inoltre è impensabile in questo periodo chiedere alle attività economiche di essere in regola con i pagamenti contributivi (DURC) ed altre dichiarazioni obbligatorie, che in alcuni casi permettono di proseguire con dei servizi dell’ente pubblico – dice il presidente della categoria FiepetConfesercenti del Trentino, Massimiliano Peterlana -. Ricordiamo che le nostre aziende sono e vogliono continuare ad essere dei posti sicuri. Abbiamo seguito e rispettato fin da subito i protocolli di sicurezza, concordati a suo tempo con Governo e Provincia, fatto tutti gli investimenti necessari e di recente ne abbiamo fatti anche degli altri (come l’acquisto dei “funghi” riscaldanti da poter mettere all’interno dei nostri plateatici) per salvaguardare le nostre attività e la nostra forza lavoro nel periodo autunnale ed invernale». 

Alle parole di Massimiliano Peterlana si associa la presidente dell’Associazione Pubblici esercizi di Confcommercio Trentino, Fabia Roman: «siamo assolutamente consapevoli di essere nel mezzo di una pandemia a livello globale e non vogliamo assolutamente deresponsabilizzarci di fronte ad un valore come quello della salute pubblica. Ma la soluzione non può essere la chiusura parziale o totale delle nostre attività. Occorre un piano di rilancio serio che garantisca la sopravvivenza delle nostre aziende e assicuri un futuro al Paese». 

«Troppo spesso – dichiara Marco Fontanari presidente dell’Associazione ristoratori di Confcommercio Trentino – le nostre imprese sono ritenute attività non essenziali. Noi rigettiamo con forza quest’impostazione che troviamo profondamente sbagliata nel merito. Per far sopravvivere il settore serve un cambio di paradigma che deve partire da un aspetto essenziale: serve un patto con il sistema bancario per la liquidità delle imprese e serve subito. Va spalmato il debito contratto nel 2020 in un arco temporale lungo, di almeno 20 anni con un preammortamento di almeno 24 o 36 mesi, che permetta alle imprese di sopravvivere e riuscire a rialzarsi. Pongo inoltro l’attenzione – conclude Fontanari – sul fatto che molte aziende rischiano di perdere il diritto alla decontribuzione prevista dal decretoAgosto”. È fondamentale un tempestivo intervento al fine di evitare alle imprese di perdere di fatto il beneficio acquisito con il decreto “Agosto”». 

«Siamo pronti a condividere l’impegno nazionale finalizzato alla salute pubblica – in sintesi, il messaggio delle tre rappresentanze della categoria – ma abbiamo bisogno di una pronta erogazione dei sostegni economici. Necessitiamo di tempi certi per poter programmare il futuro».

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