La Corte si esprime sul ricorso di Frati Luigi e Bipan S.P.A. Unipersonale contro il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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Frati Luigi e Bipan S.P.A. Unipersonale sono stati difesi da Lucia Sccognamiglio e Giorgio Damiani.

Con ordinanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche socialiDirezione territoriale del Lavoro di Udine era ingiunto a Luigi Frati e a BIPAN s.p.a. il pagamento in solido della somma di 307.120,00 euro a titolo di sanzione, determinata in applicazione dell’art. 18 bis d. Igs. n. 66/2003, per violazioni consistenti: a) ai sensi dell’art. 9, comma 1, d. Igs n. 66/2003, nel non aver concesso a sessantadue lavoratori un giorno di riposo di ventiquattro ore da cumularsi alle undici ore di riposo giornaliero, ogni sette giorni; b) ai sensi dell’art. 7, comma 1, d. Igs. cit. nel non avere concesso ai detti lavoratori un riposo consecutivo di undici ore ogni ventiquattr’ore.

Il giudice di primo grado, in parziale accoglimento dell’opposizione, rideterminava la sanzione in complessivi 175.245,00 euro.

La Corte di appello di Trieste, pronunziando sull’appello degli originari opponenti, esclusa la violazione relativa al mancato rispetto del riposo settimanale di ventiquattr’ore ogni sette giorni, da cumularsi alle undici ore di riposo giornaliero, ha nel resto confermato la sentenza di primo grado, sia quanto all’accertamento della violazione connessa al mancato rispetto delle ore di riposo giornaliero ex art. 7, comma 1, d. Igs. n. 66/2003, sia quanto all’entità della sanzione, quantificata nella misura di 81.900,00 euro.

La statuizione di conferma relativa a quest’ultimo illecito, l’unica ancora rilevante, è stata fondata sulla considerazione che la violazione ascritta – materialmente esistente, poiché tra la fine del lavoro nel 2° giorno del turno (alle ore 22 e l’inizio del lavoro nel giorno successivo ( alle ore 6.00) intercorrevano meno di undici ore – non poteva ritenersi legittima sulla base del disposto dell’art. 17, comma 1, d. Igs. n. 66/2003 il quale nel testo all’epoca vigente attribuiva la potestà derogatoria della regolamentazione di legge «solo ai contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale tra le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e le associazioni nazionali dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro oppure conformemente alle regole fissate nelle medesime intese, mediante contratti collettivi o accordi conclusi al secondo livello di contrattazione»; nello specifico alcuna previsione derogatoria era rinvenibile nel contratto collettivo all’epoca applicabile non potendo utilmente invocarsi a riguardo il disposto dell’art. 26 c.c.n.l. richiamato dagli appellanti; né la riduzione dell’orario di riposo giornaliero trovava legittimazione nell’accordo aziendale del 1990 in quanto il riferimento operato dall’art. 17 d. Igs. n. 66/2003 alla necessità, per il contratto di secondo livello derogatorio, che esso fosse stipulato «in conformità delle regole fissate nelle medesime intese stipulate dalle parti collettive», implicava che detto contratto dovesse essere necessariamente successivo alla entrata in vigore della disciplina di cui al d. Igs. n. 66/2003, condizione insussistente nella fattispecie; il difetto di un valido accordo collettivo derogatorio rendeva ininfluente la deduzione relativa al consenso implicitamente prestato dai lavoratori alla modifica delle ore minime di riposo giornaliero consecutivo.

Per la cassazione della decisione hanno proposto ricorso Luigi Frati e BIPAN s.p.a. Unipersonale sulla base di otto motivi; il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali – Direzione territoriale del lavoro di Udine non ha depositato controricorso ma si è costituito tardivamente.

Parte ricorrente ha depositato memorie ai sensi dell’art. 378 cod.proc. civ.

Il PG ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso limitatamente alla misura della sanzione.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione.

Scopri tutti gli incarichi: Lucia Scognamiglio – Biscotto – Scognamiglio e Associati; Giorgio Damiani – Finpro Commercialisti e Avvocati Associati;