La Corte d’Appello di Trieste ha assolto con formula piena Maneesh Kumar, amministratore della Jindal Saw Italia Spa, all’epoca proprietaria dello stabilimento Sertubi, difeso dall’avvocato Giovanni Borgna, confermando il verdetto di primo grado.
I giudici hanno accolto le tesi della difesa a cominciare da quella secondo la quale l’individuazione dell’origine italiana dei tubi «era giustificata dalle lavorazioni sostanziali effettuate nello stabilimento di Trieste» e del riconoscimento della buona fede dell’impresa.
La vicenda giudiziaria ebbe inizoo nel 2017, quando l’Agenzia delle Dogane di Trieste aveva sequestrato una serie di tubi prodotti dall’ex Sertubi, destinati alla vendita in Iraq. L’accusa sosteneva che i tubi erano stati lavorati a Trieste, ma che la materia prima, la ghisa, proveniva dall’india. Pertanto non si potevano utilizzare attestazioni di origine italiane, con la dicitura “Made in Italy”.
In seguito a tali accertamenti, era stata contestata a Rumar la vendita di prodotti industriali tramite false attestazioni di origine.
L’anno successivo, a settembre 2018, la Commissione Europea aveva approvato l’esportazione dei tubi, inviduando la corretta dicitura da porre sul materiale. Era stato, infatti, affermanto che “in mancanza di norme di origine non preferenziale armonizzate a livello mondiale, la determinazione dell’origine, ai fini dell’apposizione del marchio di origine è effettuata in conformità alle norme pertinenti applicate dal paese importatore”.
L’amministratore della Jindal Saw era stato pertanto assolto nel gennaio 2019. Successivamente, però, la Procura della Repubblica di Trieste aveva impugnato la decisione, affermando che era stata sbagliata tanto l’interpretazione della decisione della Commissione Europea, quanto l’inquadramento della fattispecie giuridica.
Fino allo scorso 2 marzo con la decisione di conferma dell’assoluzione da parte della Corte d’Appello.
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