Commercio in Trentino: in 12 anni persi il 10% dei negozi

In Alto Adige sono invece aumentati grazie alle leggi che non hanno favorito la diffusione dei centri commerciali. In aumento il commercio elettronico. Calano gli acquisti di beni durevoli.

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Tra la fine del 2010 e dicembre 2022, il commercio in Trentino registra 630 negozi al dettaglio in meno, con una diminuzione del 10% delle unità a livello provinciale. Secondo i dati del registro imprese elaborati dall’Ufficio studi della Camera di commercio di Trento le comunità più colpite risultano essere la valli periferiche di Fiemme, le Giudicarie, gli Altipiani Cimbri, la Valsugana e il Tesino.

Il mutamento della struttura commerciale interessa anche la specializzazione dell’attività di vendita. Si rileva una diminuzione significativa degli esercizi di abbigliamento (-103), prodotti tessili (-81), ferramenta e materialida costruzioni (-90), giornali e articoli di cancelleria (-75). Sono in controtendenza, invece, i negozi di vendita di medicinali (+46), prodotti alimentari specializzati (+36), articoli medicali e ortopedici (+25). A fine 2022 risultano iscritti 8.200 negozi, per una superficie di vendita complessiva pari a 913.316 metri quadrati.

comuni di Trento e Rovereto ospitano il 28,7% degli esercizi commerciali in sede fissa e il 34,8% della superficie di vendita. Seguono Riva del Garda e Pergine Valsugana. Le attività di vendita al di fuori dei negozisono 934, di cui 472 dedite al commercio ambulante289 al commercio online (+234 rispetto al 2010), 80 alla vendita a domicilio53 alla vendita per corrispondenza e 23 a mezzo di distributori automatici. Le imprese all’ingrosso attive sono 1.154 (-15% in 12 anni). I lavoratori del settore in Trentino sono 15.854 nel commercioal dettaglio e 7.014 nel commercio all’ingrosso.

«Dai dati sul commercio in Trentino emergono tre elementi significativi: la diminuzione del tessuto commerciale a livello provinciale, che non interessa tuttavia la metratura di vendita, la presenza di un certo dinamismo e la crescente competitività del mercato, caratterizzata dalla pressione dei prezzi bassi della concorrenza e dall’aumento dei costi fissi – ha detto il presidente della Camera di TrentoGiovanni Bort -. Spesso i punti vendita sono dei riferimenti per la popolazione e, purtroppo, si assiste ad un progressivo impoverimento dell’offerta nei centri storici. I fronti su cui intervenire sono diversi, e auspico una pianificazione urbanistica, degli interventi infrastrutturali e grandi eventi promozionali, affrontati in modo organico. Proprio grazie a una diversa normazione, in Alto Adige i negozi sono aumentati graie alla minore presenza di centri commerciali».

Intanto, in regione cala la spesa per i beni durevoli, forse segnale anticipatore di un rallentamento generaledell’economia italiana ed europea. Secondo un’indagine di Prometeia-Findomestic, il calo è stato del 3,4% per un volume di spesa complessivo di 1.529 milioni di euro (che vale la quattordicesima posizione in Italia): una flessione più marcata rispetto alla media nazionale (meno 2,7%), ma in linea con le regioni del NordEst (meno 3,4%).

Il Trentino Alto Adige si conferma la regione italiana con il reddito pro capite e la spesa media per famiglia in beni durevoli più elevati: il primo raggiunge i 26.762 euro (oltre 5.100 euro in più della media italiana), mentre la seconda tocca quota 3.241 euro. A Bolzano sono stati spesi 728 milioni di euro (meno 2,8%), meno degli 801 milioni di Trento, che però fa segnare un calo più consistente (meno 4%).

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