Il comparto moda Italia nell’indagine Mediobanca: il settore frena

Tra le aziende del settore poca Borsa e tanti stranieri. Dopo un 2022 da record, due anni in rallentamento.

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Dopo un 2022 da record, con una crescita a doppia cifra sull’onda dell’uscita dalla pandemia di Covid, e un 2023 meno arrembante, per il comparto moda Italia il 2024 segnerà un ulteriore rallentamento, con le multinazionali del settore che saranno impegnate ad investire per rafforzare la catena di fornitura e il presidio della filiera.

Secondo l’indagine condotta sul comparto moda Italia dall’Ufficio studi di Mediobanca, la vitalità e la creatività del “Made in Italy” deve fare i conti con le dimensioni limitate delle imprese, se raffrontate a quelle dei colossi globali, con una certa diffidenza verso la Borsa e con una diffusa presenza di capitali stranieri negli assetti proprietari.

Il comparto moda Italia, sottolinea Mediobanca, chiuderà il 2023 con un aumento del fatturato del 6% sugli 85,9 miliardi del 2022, anno in cui il settore era cresciuto del 19,1%. I ricavi aggregati delle 175 aziende italiane con un giro d’affari superiore ai 100 milioni freneranno quest’anno al 3%, a ridosso dei 94 miliardi di euro. L’andamento non è dissimile da quelli dei principali 80 gruppi mondiali che dovrebbero chiudere il 2023 in crescita del 7% dopo un 2022 da record, con 566 miliardi di fatturato, e contenere l’aumento dei ricavi al 4% nel 2024. Più debole il settore calzaturiero italiano, in crescita del 2% nel 2023, dai 12 miliardi di fatturato del 2022, e per cui si ipotizza una contrazione dell’1% nel 2024.

La moda italiana, rileva Mediobanca, mantiene un forte presidio nel Paese, con il 76% degli impianti manifatturieri dislocati in Italia. Un segnale inequivocabile dell’eccellenza del “Made in Italy” è rappresentato dal fatto che il 29% dei fornitori dei gruppi europei ha sede in Italia, percentuale che sale a due terzi nel lusso, e che attribuisce all’Italia il titolo di “primo produttore di alta moda nel mondo”.

Attratta dai riflettori delle passerelle, resta invece lontana da quelli della Borsa, con solo 12 società quotate, nonostante le quotate abbiano un fatturato medio quasi doppio rispetto alle non quotate (1,3 miliardi contro 0,7 miliardi), una redditività superiore (l’ebit margin è al 14,6% contro il 10,4%) e una maggiore proiezione internazionale (75% di export contro il 62%). Questo non ha impedito ai capitali esteri di fare man bassa, rilevando 62 delle prime 175 aziende italiane e assorbendo il 41,6% del fatturato italiano (il 23% è francese).

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