Al Teatro “Verdi” di Pordenone Axelrod dirige la Filarmonica “Arturo Toscanini” con Maurizio Baglini al pianoforte e Daniele Titti al clarinetto

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John Axelrod
Il concerto è interamente dedicato al musical americano, da Ellington a Gershwin

John AxelrodConcerto irresistibile quello di sabato 17 febbraio (ore 20.45) al Teatro “Verdi” di Pordenone per una delle serate musicali più attese del cartellone 2017/2018: John Axelrod – direttore generale della Real Orquesta Sinfónica de Sevilla (ROSS) – salirà sul podio per dirigere la Filarmonica “Arturo Toscanini”, con due solisti d’eccezione: Maurizio Baglini al pianoforte e al primo clarinetto dell’orchestra Daniele Titti.

Serata musicale di sicuro interesse, esempio di fusion tra musica classica e jazz, protagonista la “Rhapsody in Blue” (1924) di George Gershwin, considerata una delle migliori opere da concerto della storia americana. Gershwin stesso la definì “una sorta di fantasia colorata, un caleidoscopio musicale dell’America col suo miscuglio di razze, i blues, la follia metropolitana”. Sarà il brano conclusivo di una serata spettacolare in omaggio ad altri due nomi leggendari: Leonard Bernstein (a cent’anni dalla nascita) e Duke Ellington. 

“West Side Story”, il musical di Bernstein che nella versione cinematografica ha vinto 10 Oscar, di recente in scena a Salisburgo e al Parco della Musica di Roma, è in pieno revival. Successo senza fine per il capolavoro di un personaggio tra i più estroversi, complessi, discussi e amati del Novecento musicale. 

John Axelrod fu suo allievo a partire dal 1983 “Studiare con Bernstein tre mesi – ha raccontato a Gian Mario Benzing per “La Lettura” del Corriere della Sera – era l’equivalente di tre anni di corso in Conservatorio. (…) Il più bel ricordo? Quando, dopo aver studiato insieme “La sagra della primavera” di Stravinskij e le sinfonie di Mahler, mi disse che era tempo di studiare la sua musica. Il primo lavoro che appresi direttamente da Lenny fu la sua suite “On the Waterfront”, una delle sue composizioni migliori: teatralità e melodia e ovunque quei trìtoni blu. La suonava al piano e, strizzandomi l’occhio, mi diceva: «Tu dovresti conoscerle bene, le note blu, sei del Texas…». 

«Bernstein è stato probabilmente il più grande musicista del XX secolo – prosegue Axelrod -. Dico Musicista, perché lui così si definiva. Non era solo direttore, compositore, pianista, docente. Era un uomo del Rinascimeno, interessato ad ogni cosa, soprattutto alle persone. Offriva non solo un “sapere”, ma anche un profondo amore per la condivisione, e tutti ne erano conquistati. Aveva la capacità di rendere molto accessibile ciò che è complicato. Come per far crescere un fiore: pianta il seme, nutrilo, digli che lo ami e il fiore crescerà. Stessa cosa essere genitori. Stessa cosa fare musica. Tutti i musicisti dovrebbero impararlo».

Il mito di Duke Ellington rivive invece in “Harlem”, composizione sinfonica commissionata in origine da Toscanini, come parte di una più ampia suite orchestrale ispirata alla città di New York. «Se passeggi una domenica mattina ad Harlem – scriveva Ellington – puoi assistere a una parata, o a un funerale, o a una manifestazione per i diritti civili». Sì, perché lui, musicista nero dai modi nobili (al punto da meritarsi il soprannome “Duke”), cui si devono brani jazz diventati classici ed entrati per sempre nell’immaginario collettivo, rappresenta molto di più: è stato per l’America e per gli afroamericani anche uno dei massimi esempi di emancipazione attraverso il talento. Una bandiera di libertà attraverso la musica, nel lungo cammino dell’integrazione razziale.     

Programma:

Duke Ellington (1899-1974)

Harlem

Leonard Bernstein (1918-1990) 

West Side Story: Symphonic Dances

Prelude, Fugue and Riffs

On the Town: Three Dance Episodes

George Gershwin (1898-1937)

Rhapsody in blue