Open Gate China: a Padova la porta d’ingresso principale per la Cina

Iniziativa della Cpaffc per rafforzare i legami economici e culturali tra i due paesi. Toson: «accompagniamo le aziende italiane che vogliono commerciare in Cina e viceversa». 

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2014
open gate china

Da poco più di un anno, nel Padovano è attiva la sede italiana di Open Gate China, il principale cancello d’ingresso per le aziende italiane (e non solo) che desiderano iniziare ad avere rapporti commerciali con il mercato cinese forte dei suoi oltre 1,5 miliardi di persone (di cui almeno 250300 milioni hanno un reddito medio simile a quello europeo e ben 100 milioni hanno redditi e patrimoni da nababbi) e viceversa: il “Made in Italy” è molto appetito in Cina e sono sempre più i capitali cinesi che attivano collaborazioni o alleanze finanziarie con aziende italiane, soprattutto in ambito turistico ed enogastronomico per soddisfare le esigenze di un mercato enorme.

Con Marco Toson, imprenditore metalmeccanico con una fabbrica di ingranaggeria attiva in Cina, presidente di Open Gate China, console onorario della repubblica Ucraina nel NordEst e presidente di Confindustria Ucraina, conosciamo più da vicino questa realtà.

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Marco Toson, presidente di Open Gate China

Presidente Toson, come nasce Open Gate China a Padova?

L’Italia è un mercato altamente appetibile per i capitali cinesi che sono molto interessati al migliore “Made in Italy” tecnologico e, soprattutto, agroalimentare, oltre che al turismo. Dopo un periodo di prova, la Chinese People Association for Friendship with Foreing Countries (Cpaffc) ha voluto aprire una sede di rappresentanza fissa in Italia e mi hanno incaricato di organizzare la presenza dell’Ente in Italia, attivando tutta una serie di relazioni politiche con gli esponenti di governo nazionale e locali, oltre che commerciali con le principali categorie economiche, ad iniziare da Confidustria. L’obiettivo del Cpaffc è la creazione di legami politici, economici, sociali e culturali sempre più solidi tra Cina e Italia.

Open Gate China di Padova è attivo solo per l’area Italia o anche per altri paesi europei?

Ne sto allargando l’attività a tutte quelle realtà con cui ho stretti rapporti, ad iniziare dall’Ucraina. L’obiettivo è di allargarci progressivamente, ma intanto stiamo consolidando la nostra presenza in Italia.

L’attività del centro padovano è a senso unico a favore delle imprese italiane che desiderano operare con la Cina o anche viceversa?

La nostra attività è bidirezionale, a favore di tutti gli imprenditori italiani e cinesi che desiderano intrattenere rapporti economici. Siamo partiti con il portare un centinaio d’imprese italiane del settore vitivinicolo in Cina ottenendo un grande successo, in quanto in Cina c’è grande richiesta di prodotti stranieri, italiani in particolare, dal cibo alla moda, all’arredo. I consumatori cinesi sono stufi dei prodotti locali e guardano all’estero. C’è grande spazio soprattutto per i prodotti di livello superiore che s’indirizzano verso quella fascia di consumatori molto ampia, circa 300 milioni di persone, che hanno un’alta e altissima capacità di spesa. Sono consumatori che guardano alla qualità, allo stile, all’innovazione, tutti settori dove l’Italia non è seconda a nessuno.

Gli imprenditori cinesi cosa cercano in Italia?

C’è richiesta di attivazione di collaborazioni commerciali e anche finanziarie, con molti capitali cinesi disponibili ad entrare nell’azionariato del migliore “Made in Italy”. C’è molto interesse anche nel settore del turismo, visto che sono sempre più i cinesi che viaggiano e l’Italia è una delle mete preferite che, però, deve investire maggiormente per offrire servizi e accoglienza in linea con le aspettative del pubblico cinese che sono molto differenti rispetto a quelle di un cliente occidentale.

Come fanno ad entrare sul mercato cinese le aziende italiane?

Lo fanno principalmente attraverso le grandi piattaforme commerciali. Per il settore agroalimentare ci avvaliamo della collaborazione con Fico Italy World, mentre per altri settori merceologici operiamo con le piattaforme del commercio digitale, ad iniziare da Alibaba. Senza questi supporti, per un’impresa è praticamente impossibile entrare nel mercato cinese, vuoi per le problematiche di lingua, vuoi per i pagamenti, vuoi per le certificazioni necessarie per operare sul mercato cinese.

Cosa chiede il mercato cinese all’Italia?

C’è fortissimo interesse per i prodotti alimentari di alto e altissimo livello, dal vino ai formaggi, ai salumi, fino all’ortofrutta. Va bene anche il settore della moda e dell’arredo e tutto quanto è “Italian Style”.

Che collaborazioni state attivando tra Italia e Cina?

In questo momento siamo impegnati sul fronte sportivo, creando collegamenti tra le Olimpiadi invernali 2022 di Pechino con le Olimpiadi invernali 2026 Milano-Cortina. Pechino sta investendo tantissimo sulle tecnologie di innevamento e di mobilità sulle piste da sci e l’Italia con le tecnologie che ha sviluppato in questo campo è all’avanguardia, così come ha confermato la recente vista del ministro dello sport cinese a Cortina che ha aperto ad una più stretta collaborazione tra le due realtà. Collaborazione che porterà ad interessanti sviluppi non solo commerciali, ma anche turistici.

Per divulgare le potenzialità del mercato cinese presso le imprese italiane come operate?

Ci appoggiamo in particolare sulle reti delle organizzazioni di categoria, ad iniziare da Confindustria, organizzando seminari di approfondimento e contatti “B2B”. Oltre a questi, ci rivolgiamo anche al pubblico per diffondere la conoscenza della cultura cinese, con eventi come il “Festival delle lanterne” in corso di svolgimento al Fico di Bologna. Si tratta di un evento di grande richiamo, con 2.000 metri quadri di parco con costruzioni luminose che pubblicizza la Cina in modo piacevole e giocoso, iniziato lo scorso 27 luglio e che doveva terminare il 3 novembre, ma è stato prorogato fino a dopo le festività natalizie, visto che registra oltre 2.500 presenze al giorno, tanto da arrivare a rilanciare l’attività serale di Fico, con ben il 70% di presenze costituito da italiani e il restante da persone di origine asiatica.

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Il Festival delle Lanterne al Fico di Bologna

Lei ha accennato al grande interesse della Cina all’offerta turistica italiana. Cosa state facendo?

La facilitazione dell’arrivo di comitive cinesi è uno dei rami di attività di Open Gate China e stiamo operando in collaborazione con le organizzazioni del turismo per adeguare la ricettività delle strutture italiane alle esigenze del cliente cinese, che necessita di particolari accorgimenti per massimizzarne la soddisfazione. Si tratta di adeguare la cartellonistica presente negli esercizi e negli spazi pubblici, la presenza di personale in grado di parlare cinese e con la conoscenza delle tradizioni locali. A questo scopo, abbiamo attivato, in collaborazione con l’Università Cà Foscari, corsi per la formazione di giovani nella lingua e cultura cinese da inserire nelle aziende italiane e in quelle cinesi che desiderano attivare reciproche relazioni, visto che la mentalità del mercato cinese è totalmente differente rispetto a quella italiana e occidentale e il corretto approccio è fondamentale per fare affari. In Francia, ad esempio, si è già più avanti rispetto all’Italia, che deve recuperare il tempo perduto. Ma se operiamo bene, possiamo fare grandi cose. Le cito un esempio. Uno dei giovani formati dal corso di Cà Foscari è andato a fare un’esperienza in Cina presso una delle maggiori realtà che progettano gli interni degli alberghi cinesi. Dopo un anno in azienda, quel giovane ne è diventato il vicepresidente a soli 26 anni di età. Una cosa che in Italia sarebbe impossibile. Ma che può costituire un grimaldello strategico per la penetrazione del sistema del legno arredo italiano sul mercato cinese, visto che i cinesi gradiscono decisamente le proposte italiane.

Cambiamo scenario, passando dalla Cina all’Ucraina. Che possibilità ci sono per le imprese italiane in quel mercato?

Molto grandi, anche perché l’Ucraina sta diventando la testa di ponte per la produzione di beni di consumo destinati a tutti i consumatori dell’Est Europa, interessati ai prodotti italiani, ma troppo cari rispetto al loro potere d’acquisto per poter sfondare. Di qui l’esigenza di produrre in loco per abbattere i costi e potere essere competitivi su quei mercati che offrono molte potenzialità. Si pensi che solo in Ucraina ci sono oltre 50 milioni di abitanti, cui s’aggiungono quelli di Romania, Bulgaria e degli ex paesi della federazione Russa. Molte imprese italiane che avevano aperto siti produttivi in Romania soprattutto per il mercato italiano ed europeo, stanno spostandosi in Ucraina per affrontare al meglio anche i mercati dell’Est Europa.

Cosa offre l’Ucraina all’esportazione?

Si tratta di un paese con una forte vocazione agricola, tant’è che era il granaio dell’ex Unione Sovietica. In questo settore ci sono forti potenzialità per il miglioramento delle pratiche agronomiche e, soprattutto, per la trasformazione dei prodotti agricoli per incrementare il valore aggiunto e le esportazioni. In questo campo, l’industria italiana può giocare un ruolo strategico grazie alle tecnologie di cui dispone, spesso leader mondiali. C’è poi una grande disponibilità di minerali, interessanti sia per l’esportazione grezza che per la loro trasformazione, dove anche in questo settore la tecnologia italiana è molto competitiva.

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