“Decreto Rilancio” e turismo: pronti per affossare una delle gambe dell’economia italiana

Il meccanismo escogitato non inietta liquidità nelle aziende né fa riprendere il movimento turistico. Anzi, rischia di incentivare fenomeni truffaldini. Bond: «così non si aiuta il turismo di mari e monti».

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decreto rilancio Grado spiaggia

Il governo BisConte è alle prese con un parto travagliato, in quanto il decreto Rilancio (fu Aprile, già di Maggiostenta a venire alla luce ogni giorno che passa. Peccato che, nello stesso tempo, le prospettive dell’economia italiana si facciano sempre più fosche.

Nel poderoso mattone cartario (un “agile” libello di circa 800 pagine, continuamente rimaneggiate) del Decreto Rilancio alla voce “Turismo” è previsto un incentivo a famiglie e singoli italiani per fare le proprie vacanze all’interno del suolo patrio: un bonus variabile dai 500 euro per una famiglia a decrescere fino a 150 euro per un singolo. Bonus che non è erogato in soldi sonanti a favore dell’aspirante vacanziero o con un buono spendibile in una delle migliaia di strutture turistiche allo stremo di liquidità. No, il meccanismo escogitato è decisamente più machiavellico, degno di quelle menti che s’impegnano allo spasimo nella tradizionale arte della complicazione delle cose semplici.

L’ultima bozza del provvedimento prevede che il bonus vacanze sia erogato in termini di credito d’imposta da parte dell’azienda che eroga il servizio. Nel concreto, la famiglia Rossi che decide di passare qualche giorno in vacanza – sempre ammesso che abbia avanzato qualche risparmio dopo la batosta da Coronavirus – forte della promessa del bonus va nell’albergo prescelto armata di apposita dichiarazione Isee attestante il proprio livello di reddito inferiore a 45.000 euro (in una versione precedente il tetto era fissato a 35.000 euro). L’albergatore all’atto dell’emissione della fattura per il soggiorno dovrebbe scontare l’80% del bonus della famiglia dall’importo da pagare e utilizzarlo per la compensazione con altri crediti fiscali vantati dall’azienda alberghiera nei confronti di qualche amministrazione pubblica. La parte rimanente, il 20% del bonus, verrebbe recuperato dalla famiglia in sede di dichiarazione dei redditi come credito fiscale.

Come si può vedere, nel Decreto Rilancio si sta per varare l’ennesimo valzer di carte e di dichiarazioni a tutto vantaggio dell’ennesima complicazione di cose semplici. Non solo: si mettono le basi per asfissiare ulteriormente le aziende turistiche e per attivare un nuovo filone di truffe.

Se un’impresa nel corso del 2020 non avrà maturato un sufficiente giro d’affari (cosa molto probabile visto l’andamento dell’economia nazionale), essa chiuderà l’anno fiscale con un bilancio in rosso e non avrà alcun effettivo vantaggio economico e di liquidità dall’utilizzo della quota del bonus fiscale. Peggio: è possibile che, perdurante la crisi economica anche per il 2021, specie in ambito turistico, l’azienda trascini fino al 2022 o anche al 2023 l’effettivo utilizzo del credito fiscale maturato, con buona pace delle esigenze immediate delle aziende di incassare liquidità.

Quanto al risvolto penale, stante la fervida fantasia del malfattori è molto probabile che si assista ad un rigoglioso fenomeno di dichiarazioni Isee false che non sono accertabili dall’albergatore e che espongono l’azienda al rischio di vedersi negato il credito fiscale da parte dell’amministrazione finanziaria, trasformandolo in un insoluto. Non solo: c’è la possibilità tutt’altro che remota che qualcuno decida di monetizzare il proprio bonus senza utilizzarlo direttamente, mettendosi d’accordo con qualche operatore turistico compiacente che si presti a ritirare il bonus senza l’effettiva consumazione della vacanza, restituendo al titolare il 50% dello stesso. Un “50-50” utile ad entrambi.

«Siamo in presenza di un provvedimento cervellotico – dichiara il deputato bellunese di Forza Italia, Dario Bond – che non porterà alcun vantaggio effettivo al comparto turistico, vuoi per l’esiguità dello stanziamento previsto (solo 30 milioni di euro), vuoi per la complicazione per il suo impiego, soprattutto per gli importi più bassi. Se il governo BisConte intende effettivamente rilanciare il movimento turistico nazionale e le attività di mare, lago, campagna e montagna, serve ben altro, ad iniziare da una semplificazione di tutto il procedimento».

Per Bond «è necessario che il bonus del Decreto Rilancio venga assegnato direttamente dall’amministrazione finanziaria a ciascun contribuente censito sotto forma di un buono spendibile direttamente, utilizzabile in compensazione fiscale o scontabile finanziariamente per trasformarlo in liquidità immediata. Questo per evitare di sobbarcare l’avente diritto di tutta la procedura della richiesta della certificazione Isee, che comporta spesso ore di tempo, oltre ad ingenerare possibili, probabili truffe».

Ma alla base di tutto, serve iniettare liquidità a tutti i livelli: «se aziende e cittadini non hanno soldi da spendere, è quasi impossibile che l’economia possa riprendere a girare. Fino ad ora, il governo BisConte è stato generosissimo nell’emettere promesse e future garanzie, non liquidità sonante come successo all’estero: dalle mancate erogazioni della cassa integrazione in deroga all’elemosina di Stato ai lavoratori autonomi mancano miliardi di euro di vera liquidità nel sistema».

Se il sistema turistico nazionale vuole tornare ad essere effettivamente competitivo sullo scenario internazionale, serve ben altro: «tutti abbiamo visto l’insegna di quel distributore austriaco appena al di là del confine italiano che pubblicizzava il gasolio a 0,885 e la benzina a 0,995 al litro – ricorda Bond -. Con questo livello di prezzi, difficile che l’Italia turistica possa essere competitiva, quando le tasse sull’energia sono di almeno il 30% più care, l’Iva sul settore è più del doppio dei paesi concorrenti. Serve un generale riposizionamento di tutto il sistema fiscale italiano per rendere il Paese nuovamente competitivo a livello internazionale».

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