In Trentino 39 centrali idroelettriche con una produttività di 3600 gigawatt annui

20 impianti che nel 2023 andranno a gara per il rinnovo delle concessioni. Preoccupazione degli enti locali. 

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centrali idroelettriche

Si è svolta la Conferenza d’informazione organizzata dal Consiglio provinciale di Trento sulle “Grandi derivazioni idroelettriche in Trentino: prospettive economiche, industriali e ambientali dopo l’approvazione della legge provinciale sulle concessioni” in vista del 2023 quando si dovranno svolgere le gare per il rinnovo delle concessioni in scadenza delle centrali idroelettriche, gare che avvengono per la prima volta in Italia e anche in Europa.

Il presidente del Consiglio provinciale, Walter Kaswalder, ha introdotto i lavori della Conferenza d’informazione, ricordando l’importanza strategica della risorsa idrica e ringraziando coloro che si sono resi disponibili a questa riflessione su un tema che avrà ricadute importanti per il territorio trentino. Paolo Zanella (Futura), tra i sottoscrittori della richiesta di Conferenza, ha definito il tema “cruciale”, perché incrocia la risorsa acqua con la produzione di energia, con implicazioni importanti in termini ambientali e di sostenibilità. Il vero tema di questa Conferenza, ha detto, è quale sia la migliore scelta di governo del territorio, all’interno del quadro normativo vigente, con il minore impatto ambientale e con le giuste compensazioni per il territorio.

Adesso un quadro lo abbiamo ed è arrivato il tempo che la politica decida come gestire questa, che è la partita delle partite, ha aggiunto Alessio Manica (PD), che ha detto di essere consapevole che questo non potrà essere l’ultimo passaggio sull’argomento e che dovrà necessariamente essere aperto anche il tema delle piccole derivazioni.

Tra i promotori di questo approfondimento anche Alex Marini (Misto-5 Stelle) che ha ribadito l’importanza di riflettere su questo argomento anche in termini di informazione e comunicazione da mettere a disposizione della collettività. Anche questo è un aspetto importante di questo evento in cui il Consiglio provinciale può portare il proprio contributo, più che altro in termini di tutela dell’ambiente e del paesaggio, forse meno dal punto di vista economico e finanziario, schiacciato da esigenze estranee alle istituzioni.

L’assessore provinciale all’ambiente e vicepresidente della Provincia, Mario Tonina, ha apprezzato la richiesta di informazione sulle grandi derivazioni che «auspicabilmente porterà, attraverso un dialogo proficuo e rispettoso, ad una condivisione trasversale su obbiettivi comuni e di cui tutti ci dobbiamo fare carico. Questa è una partita strategica che dobbiamo giocarci bene e in modo costruttivo a 360 gradi – ha aggiunto – e questa conferenza permetterà di portare contributi utili che il Dipartimento provinciale terrà in forte considerazione. L’Europa vuole avere un ruolo da protagonista e strategico in questo contesto nel quale la nostra Provincia è titolare di una competenza primaria che con la legge approvata un anno fa abbiamo riaffermato. I capisaldi su cui poggia la legge sono la ricerca della miglior competenza gestionale, l’attenzione all’ambiente, il potenziamento della produzione idroelettrica come fonte rinnovabile, la garanzia al territorio delle ricadute anche economiche derivanti dalla produzione idroelettrica».

Attualmente in Trentino ci sono 20 concessioni, di cui due a scavalco con il Veneto, 39 centrali con una produttivitàdi 3.600 gigawatt annui. L’attuale sistema, ha sottolineato Tonina, assicurato dalle tre società Hydro Dolomiti, Dolomiti Edison e Primiero Energia, con il ruolo maggioritario del pubblico, ha funzionato bene, assicurando al Trentino ricadute in termini ambientali, economici e di sicurezza e oggi la Provincia beneficia di importanti risorsequantificabili in circa 100 milioni annui.

Come per altre leggi in materia, Tonina ha osservato che «anche questa è stata impugnata dalla Corte costituzionale. Le censure si riferiscono alla mancata previsione di coinvolgimento dello Stato nelle procedure di selezione e ad alcuni requisiti per l’accesso alle procedure degli operatori, giudicati eccessivamente dettagliati e non proporzionati e potenzialmente lesivi della concorrenza».

Dopo i politici sono intervenuti i tecnici. Valeria Placidi, dirigente generale del Dipartimento affari e relazioni istituzionali della provincia di Trento, ha inquadrato il tema dal punto di vista legislativo, evidenziando l’ampiezza della competenza provinciale ed illustrando i diversi passaggi che hanno portato alla riscrittura completa della legge nell’ottobre 2020, passando dalla modifica delle fonti statali attraverso la pulitura della norma di attuazione e la riscrittura dell’articolo 13 dello Statuto, modificabile con procedura d’intesa. Ha quindi illustrato come avvengano le aggiudicazioni per l’ottenimento del provvedimento per l’esercizio della grande derivazione, secondo modelli che differiscono da quello statale e le modifiche introdotte con la legge 6/21 tra le quali la specificazione dei requisiti e alcuni aspetti del metodo di aggiudicazione preferenziale (gara o società mista). Dovremo però attendere il 22 marzo 2022, quando si completerà l’iter di censura della legge provinciale da parte della Corte costituzionale, per avere una cornice definitiva e legittima dell’impianto legislativo vigente.

concessioni idroelettriche enel diga malga bissina
la diga di Malga Bissina.

Laura Boschini e Giovanni Gardelli, rispettivamente dirigente generale dell’Agenzia per le risorse idriche e l’energia e dirigente generale Unità di missione strategica coordinamento enti locali, politiche territoriali e della montagna, hanno parlato delle ricadute economiche delle derivazioni idroelettriche sulle comunità locali, con particolare riferimento ai proventi derivati dai canoni di concessione.

Laura Boschini è partita dal regio decreto del ’33 e dalle forme di benefici allora previsti a favore delle comunità locali e successive modificazioni da parte della Provincia fino all’attuale quadro. Ha quindi descritto le nuove risorse per gli enti locali a seguito della proroga del canone aggiuntivo e del canone ambientale e gli obblighi in capo ai concessionari. Destinatari dei proventi dei canoni aggiuntivi il 67,5% sono i comuni, di quelli ambientali le comunità. Il totale per i canoni aggiuntivi e ambientali ammonta a circa 66 milioni di euro annui, 20,7 milioni sono attribuibili a proventi da forniture di energia, mentre 9 milioni di euro per l’acqua. Nell’ambito del protocollo di finanza locale saranno ridefinite le quote parte e l’ammontare da destinare agli enti locali, secondo un’equa ripartizione che terrà conto dell’impatto ambientale e della sua compensazione.

Giovanni Gardelli ha detto che sono pressoché nulli gli impatti dei canoni aggiuntivi ed ambientali sulle comunità e ne ha spiegato i motivi. Le entrate dei comuni trentini, pur fluttuando anche se non in maniera particolarmente significativa, ammontano a circa 650 milioni di euro all’anno suddivisi in tre macro voci: un terzo di entrate di natura tributaria (in particolare Imis), un altro terzo entrate di natura patrimoniale (affitti, proventi come concessionari dalla produzione di energia elettrica per piccole e medie titolarità, vendita legname ecc.), l’ultimo terzo da proventi di natura provinciale (trasferimenti dalla Pat o altri enti). Queste tre macro aree “si parlano” tra loro. Un principio che non si trasferisce sui canoni aggiuntivi o canoni ambientali che sono sempre stati considerati dal sistema degli enti locali come un elemento a sé stante, non condizionante la finanza locale, da considerare come un ristoro per i danni subiti dal territorio. Questa la logica che ha sempre guidato i comuni trentini nelle relazioni con la Pat: quindi queste entrate vengono interamente iscritte a bilancio tra le entrate in conto capitale, anche se mediamente i canoni rappresentanocirca un 31% dei trasferimenti ordinari per investimenti. L’impatto dei canoni dunque è solo quello di consentire ai comuni un livello di investimento e potenzialità di sviluppo più significativi rispetto alle altre comunità trentine.

Francesco Colaone, amministratore delegato di Hydro Dolomiti Energia, ha riflettuto sulle centrali idroelettriche trentine quale segmento di primaria importanza industriale nell’ambito della produzione energetica da fonte rinnovabile. Ha illustrato in premessa la società e la produzione di energia nel Gruppo Dolomiti Energia.

Gli impianti complessivi sono 68, in maggioranza in capo a Hydro Dolomiti Energia. Il personale tecnico ed operativo complessivo ammonta a 230 unità, la maggior parte impegnate in Dolomiti Energia. Dietro ai numeri ci sono oltre 160 opere di presa, 19 km di condotte, 306 km di canali di derivazione. Gli impianti pervadono l’intero territorio della provincia di Trento e sono tra loro connessi, implicando un’attività intensa di collegamento e correlazione, anche dal punto di vista energetico. Virtualmente sono impianti unici e partecipano al mercato unitariamente.

Questi impianti hanno rilevanza territoriale, ma anche nazionale, perché chiamati a sostenere i servizi e la domanda di energia anche sul piano nazionale. 1.813 sono i megawatt di potenza complessiva, accanto ai quali si esercitano 105 MW di attività di pompaggio (assorbimento di energia dalla rete). La produzione di energia media del gruppo è di circa 4,5 miliardi di MW/h all’anno. 17 le grandi derivazioni gestite dal gruppo che scadono il 31 dicembre 2023.

Nell’ambito nazionale il gruppo si colloca in una posizione di assoluto rilievo, al terzo posto. «La sfida che abbiamo davanti sta impegnando in maniera assorbente, in un contesto normativo che ha avuto un’importante evoluzione – ha detto Colaone -. Il motore dell’evoluzione normativa è stato pilotato dalla posizione europea, che ha spinto il legislatore italiano ad adattarsi. In questo contesto gli altri Stati si sono comportati in maniera eterogenea con durate delle concessioni e regimi ampiamente diversificati».

Aldilà dei numeri si può affermare che la stessa spinta (europea) ha avuto effetti molto diversi e squilibrati, con proroghe di concessioni, ad esempio, in Portogallo e in Francia. Due sono gli aspetti di cui tenere conto nello scenario: la chiusura delle procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia e di altri Stati membri (sembra venir meno del presupposto tecnico-legislativo ala base della recente evoluzione normativa nazionale e locale) e il Recovery Funde il Pnrr (l’Europa e di conseguenza l’Italia, è chiamata al processo di transizione verde e digitale con la messa in campo di ingenti progetti di investimento pubblico, in tempi molto brevi).

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