Payback sanitario, il governo sposta il pagamento ad aprile

Rimandato ma non risolto il problema che mette a rischio fallimento migliaia di aziende e di posti di lavoro.

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Le aziende biomedicali sono scese in piazza a Roma in Piazza Santi Apostoli per direNo” al payback sanitario, meccanismo che porterà «conseguenze drammatiche per occupazione,territori e ospedali: le aziende biomedicali devono infatti versare 2,2 miliardi entro il 15 gennaio» come afferma il presidente di Confindustria dispositivi medici, Massimiliano Boggetti, che ha inviato una lettera sulla questione al premier Giorgia Meloni.

«Il payback mette a rischio oltre 112.000 posti di lavoro perché chiedere alle imprese 2,2 miliardi di euro entro gennaio significa farle chiudere con conseguenze drammatiche per l’occupazione, i territori e la qualità della salute del Paese. Il fallimento di molte imprese – scrive Boggetti nella lettera a Melonigenererà un’interruzione delle forniture agli ospedali. Il rischio è che le strutturesanitarie restino sfornite di dispositivi medici indispensabili, oltre a venire a mancare quel supporto tecnico che permette a molte delle tecnologie installate negli ospedali di funzionare correttamente».

Non solo: imponendo tetti di spesa così bassi «la qualità dei dispositivi medici si abbasserà, l’innovazione tecnologica non entrerà più nelle strutture sanitarie e i medici si troveranno costrettia lavorare senza avere strumenti all’avanguardia, fondamentali per poter esercitare al meglio la professione. Oggi – prosegue Boggetti – che è in arrivo una nuova ondata Covid e gli ospedalidovranno far fronte a una probabile emergenza, l’effetto sarà ancora più devastante. Il payback è una norma ingiusta anche per i pazienti, che potrebbero non trovare più le risposte di salute che oggi offre il Servizio Sanitario Nazionale: chi potrà permetterselo, continuerà a curarsiprivatamente a spese proprie; chi non potrà, subirà in prima persona i danni derivanti da questa legge nemica della sanità pubblica. Il payback sanitario non è uno strumento di controllo della spesa, è uno strumento nemico del SSN».

Il Consiglio dei ministri ha emanato un decreto di proroga del pagamento di 2,2 miliardi dal 15 gennaio al 30 aprile prossimo, decisione giudicata positivamente dall’Associazione italiana ospedalità privata: per il presidente Barbara Cittadini, «questa soluzione, senza la quale si rischia un’interruzione delle forniture agli ospedali, tuttavia, non è sufficiente a risolvere le criticità cheriguardano il Servizio sanitario nazionale, prime fra tutte le liste di attesa che, in maniera ingravescente, hanno raggiunto tempi infiniti, come ad esempio i due anni per una mammografia. Anzi – aggiunge Cittadini – la non soluzione del superamento di anacronistici, illogici tetti di spesa e il mancato aiuto sul tema degli insostenibili rincari energetici alle aziende della componente di diritto privato del Ssn sono dei problemi che vanno tempestivamente risolti, per poter affermare che il nostro continua ad essere un servizio sanitario universalistico e solidaristico. Purtroppo quello dei tetti di spesa è un problema che non è stato ancora risolto in maniera adeguata e continua ad investirenegativamente la componente di diritto privato del Ssn, che garantisce il 28% di tutte le prestazioni e di tutti i servizi ospedalieri resi alla popolazione, assorbendo il 14% della spesaospedaliera pubblica».

«Da decenni – osserva la presidente di Aiop – la sanità è oggetto di tagli lineari e una programmazione discutibile, che trascura il territorio e sottovaluta le richieste di assistenza dellapopolazione. I dati del “Rapporto civico sulla salute” di Cittadinanzattiva lo confermano: nel 2021ben 6 milioni di persone hanno rinunciato alle cure, l’attesa per una tac e un’ecografia è arrivata a un anno, 100 giorni per una colonscopia, più di due mesi per una visita oncologica. Numeri impressionanti – continua Cittadini – che indicano l’urgenza di intervenire con una vera e strutturaleriforma del sistema. Noi, come componente di diritto privato del Ssn stiamo cercando di rispondere a queste criticità, ma i tetti di spesa rappresentano un grave limite, sul quale continuiamo a chiedere, inascoltati, interventi mirati e risolutivi».

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