Regioni ordinarie, arriva la maggiore autonomia. Forse

Il governo Meloni approva il disegno di legge Calderoli, che prevede un percorso di approvazione lungo, irto di difficoltà, imboscate parlamentari e paludi politiche.

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Il governo Meloni ha varato, ad oltre 5 anni del referendum di ottobre 2027, il disegno di legge per attuare i principi contenuti nella riforma costituzionale voluta dalle maggioranze di centro sinistra del 2001, volta a garantire la delega alle regioni che lo richiedano delle 23 materie elencata dall’articolo 117.

Un provvedimento che, al di là dei facili commenti trionfalistici da parte degli esponenti della Lega Salvini premier che lo brandiscono a mo’ di muleta agli elettori lombardi prossimi alle urne regionali, avrà un cammino tutt’altro che facile, tra pareri preliminari all’interno della Commissione Stato Regioni, dove sarà non facile trovare la condivisione al progetto stante l’opposizione a prescindere delle regioni del Sud, per poi passare attraverso il voto parlamentare, dove gli sgambetti e le paludi politiche possono inghiottire di tutto e di più, facendo arenare il provvedimento nelle sabbie mobili.

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Insomma, si vedrà se la maggiore autonomia per le regioni che la chiedano vedrà effettivamente la luce, visto che la maggioranza a guida Fratelli d’Italia ha avuto gioco facile a rendere più ingarbugliato il processo di concessione, visto che già nel 2018 c’era stato l’esempio di un accordo diretto, a prescindere dal referendum, tra la regione Emilia Romagna e l’allora governo Gentiloni, rispettando il dettame costituzionale della semplice intesa.

Ma nel caso della regione Emilia Romagna e del suo stesso presidente Stefano Bonaccini, esponente Dem e ora candidato più autorevole a succedere alla fallimentare segreteria di EnricoStai SerenoLetta, fa specie assistere ad una piroetta politica che sa di clamoroso, visto che Bonaccini era stato colui che nel 2018 affermava come «l’Autonomia sarà un percorso di portata storica, nella cornice sacra dell’unità del nostro Paese», attivando in risposta all’azione referendaria leghista la trattativa diretta con il governo amico. Ora, lo stesso Bonaccini ad un passo dalla conquista della segreteria Dem afferma che «la bozza Calderoli è irricevibile e noi siamo pronti alla mobilitazione perché non è stata condivisa con la Conferenza delle regioni e perché va nella direzione di spaccare il Paese». Viene il dubbio se Bonaccini sia una sorta di moderno Dr. Jekyll e Mr Hyde declinato in salsa politica. Se così fosse, la sua segreteria, ancora prima dell’elezione, inizia con il piede sbagliato.

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