Gli sconti fiscali valgono il 4% del Pil italiano

Secondo l’Ufficio valutazione impatto del Senato sono 740 e valgono 82 miliardi che potrebbero essere utilizzati per avviare il nuovo sistema fiscale e tagliare balzelli come le accise sui carburanti.

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Tra esenzioni, esclusioni, riduzione dell’imponibile o dell’imposta, sconti e regimi di favobre le cosiddettetax expenditures” o sconti fiscali in Italia sono oltre 600 a livello centrale e più di 100 a livello locale. Un vero proprio ginepraio su cui mancano peraltro molte informazioni base e che genera «frequenti e rilevantideviazioni dal regime fiscale normale».

L’ultima analisi è dell’Ufficio valutazione impatto del Senato che, basandosi solo sulle spese centralizzate, calcola perdite di gettito per lo Stato pari al 4% del Pil. L’analisi mette a fuoco proprio il capitolo più sostanzioso della riforma fiscale, soprattutto per la necessità di reperire risorse in vista della prossima manovra economica. La delega appena approvata in Parlamento si pone tra gli obiettivi proprio quello di sfoltire il complesso sistema di sconti che caratterizza il fisco italiano, un bacino di oltre 80 miliardi considerando sologli sconti concessi a livello centrale. Il compito non sarà semplice.

Dal 2016 al 2022 le spese fiscali erariali sono cresciute in maniera costante, evidenzia il rapporto del Senato. Complice anche l’emergenza Covid, che ha portato ad un proliferare di misure di microsettore, nel 2022 se ne contavano 626, il 40% in più rispetto a sei anni prima, con effetti negativi sul bilancio pari a 82 miliardi di euro, con un aumento di ben il 72%. Vanno aggiunte poi altre 114 spese locali, per un totale di 740 agevolazioni.

La regina incontrastata del sistema è la casa. In base ai dati enucleati dal Senato il 41,8% delle risorse assorbitedagli sconti fiscali è destinato proprio alla missione 19 del bilancio dello Stato, ovvero a casa e assetto urbanistico, che godono complessivamente di 34,32 miliardi. Seguono competitività e sviluppo delle imprese, con il 17,7%, pari a 14,50 miliardi. Diritti sociali e politiche sociali e famiglie hanno un impatto pari a circa il 9,2%, ovvero 7,53 miliardi. Alle politiche per il lavoro è assegnato circa l’8,7% delle risorse, cioè 7,17 miliardi.

Rispetto al 2017, le risorse per la casa sono nettamente aumentate passando dal 33,7% ad appunto quasi il 42% ed hanno avuto una vera e propria impennata quelle per le imprese, che nel 2017 erano al 3,5%. Sono diminuite invece quelle destinate alle politiche del lavoro, che erano al 27% e sono scese sotto il 9%, e alla tutela della salute (dall’8,1% al 7%).

Anche se i rapporti allegati alla Nadef hanno permesso di compiere negli ultimi anni dei passi avanti, sottolineano i tecnici del Senato, la scarsa trasparenza del sistema è dimostrata dalla pochezza di informazionisu molte delle agevolazioni in vigore. Sulle 626 spese fiscali erariali rilevate nel 2022, per quasi il 28% non è possibile indicare valori o perché ritenute agevolazioni non quantificabili (il 23,2%) o con effetti di trascurabile entità (il 4,5%). Le spese quantificate sono 453 e rappresentano il 72,4% del totale. Ma di queste solo per il 30%, ovvero per 136, sono disponibili i dati sul numero dei beneficiari di ciascuna misura.

Analizzando la distribuzione per classi emerge dunque che quasi il 60%, cioè 80 misure, riguarda insiemi con meno di 30.000 soggetti interessati. Il valore medio pro capite di cui godono i beneficiari per singola spesa fiscale è sostanzialmente inverso al numero di beneficiari: è infatti più elevato per le misure fino a 1.000 soggetti (15.139 euro in media pro capite) e tocca il suo valore più basso per i provvedimenti con più di 10 milioni di beneficiari (157 euro in media), che forse potrebbero essere più facilmente azzerate in base anche al loro basso valore unitario.

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