Confindustria vede “nero”: più che dimezzate (+0,5) le stime Pil nel 2024

Crescita limata allo 0,7% nel 2023, crollo degli investimenti e consumi stazionari.

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Il Centro studi di Confindustria nel suo rapporto d’autunno rivede «al ribasso la crescita del Pil dopo il pericoloso giro sulle montagne russe degli ultimi 3 anni», ammonendo come «l’economia italiana sta di nuovo scivolando verso i modesti ritmi di crescita che l’avevano contraddistinta nei decenni precedenti».

In Italia, crollano gli investimenti, tengono solo consumi e occupazione, pur in frenata. Il Pil «avanza di appena il +0,7% nel 2023» grazie ad «una variazione già interamente acquisita a metà anno. Nel 2024, in media andrà peggio, +0,5%» rispetto al +1,2% stimato a marzo, con una «bassa crescita trainata quasi interamente dai consumi delle famiglie» attesi stazionari. (

Il «forte rallentamento del Pil è dovuto all’effetto negativo dei tassi di interesse elevati sulle imprese e sulle famiglie, e a una dinamica negativa, nell’anno in corso, del commercio internazionale», rilevano gli economisti del Centro studi Confindustria, diretto da Alessandro Fontana.

La produzione industriale è in calo soprattutto per i settori energivori come carta, chimica, metalli non metalliferi e metallurgia, e quelli che rientrano nella filiera delle costruzioni come legno e prodotti in metallo. Emerge, al contrario, una maggiore dinamicità per i comparti ad alta tecnologia come la farmaceutica e le attività di computer ed elettronica e delle apparecchiature elettriche.

I consumi delle famiglie appaiono «deboli ma resilienti»: nell’analisi del CsC la spesa delle famiglie è quasi ferma nella seconda metà del 2023. Tornerà ad aumentare nel 2024 (+0,6%), con più slancio nella seconda metà dell’anno, «sulla scia della discesa dell’inflazione e, quindi, del recupero del potere d’acquisto, oltre che sospinti da un miglioramento delle condizioni economiche e da una dinamica salariale più sostenuta».

Confindustria ribadisce con le previsioni l’allarme per gli «investimenti in preoccupante calo. Viene meno la spinta delle costruzioni e di Industria 4.0». Il Pnrr «è cruciale». Gli investimenti fissi lordi sono visti in brusca frenata +9,7 del 2022 al +0,5% quest’anno, ed in calo del -0,1% nel 2024. Pesa soprattutto la «perdurante intonazione restrittiva della politica monetaria, che sta avendo un impatto più profondo dell’atteso e continuerà ad averlo per un periodo più lungo» ma anche il «minor ammontare di investimenti realizzati con il Pnrrrispetto a quanto programmato nel Def di aprile scorso».

Il commercio estero è «molto debole», con «una battuta d’arresto» di import ed export nel 2023 (+0,8%) ed una accelerazione graduale nel 2024 (+2,3%). L’andamento dell’occupazione «segue il Pil»: le unità equivalenti al lavoro a tempo pieno (Ula) avanzeranno nel biennio 2023-2024 ad un ritmo complessivamente allineato, un po’ sopra quest’anno (+1,1% rispetto allo 0,7% del Pil) e lievemente sotto l’anno prossimo (+0,2% contro +0,5%). Il costo del lavoro per unità di prodotto cresce anche nel 2023 e 2024, più che in altre economie europee, così «a fronte di una dinamica più contenuta del costo del lavoro per ora lavorata la competitività dell’industria italianaè stata penalizzata da un ampio calo della produttività (-1,8%)».

Il rafforzamento della dinamica salariale nel privato «sta avvenendo con ritardo rispetto alla dinamica inflattiva, per effetto del meccanismo di aggiustamento delle retribuzioni contrattuali».

L’allarme è anche per il credito «in forte riduzione», con «una frenata mai così brusca dei prestiti alle imprese» (-6,2% annuo ad agosto 2023 dei prestiti bancari): è «un mutamento brusco, come raramente osservato nelle serie storiche del credito, dovuto soprattutto al rapido rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Bce». E, secondo Confindustria, «la situazione nei prossimi mesi potrebbe presto trasformarsi in carenza di liquidità, se il credito continua a ridursi».

«L’intonazione della politica fiscale potrebbe non essere sufficientemente prudente, come invece sostiene il Governo, alla luce della riattivazione del Patto di Stabilità e Crescita nel 2024» commenta nel suo rapporto d’autunno il Csc analizzando la manovra 2024 dell’esecutivo Meloni alla luce delle trattative Ue per la riforma del patto di stabilità. La manovra di bilancio, spiega ancora il Csc, «prevede misure espansive per 27,9 miliardinel 2024, 15,8 nel 2025 e 14 nel 2026; le coperture previste ammontano a 12,3 miliardi nel 2024, 11,8 nel 2025 e 18,6 nel 2026. Per differenza, il deficit aumenterà (rispetto alla stima a legislazione vigente) di 15,7 miliardi nel 2024 e 4 miliardi nel 2025, mentre nel 2026 si ridurrà per 4,6 miliardi. Ma, osservano ancora gli economisti di Confindustria, «per il 2024, le risorse destinate a misure di carattere temporaneo, circa 15 miliardi per il taglio al cuneo fiscale, i sostegni alle imprese, le misure contro il caro energia e le politiche invariate, hanno un valore complessivo simile al maggior indebitamento autorizzato di 15,7 miliardi, mentre per il 2025-2026, gli interventi strutturali sono finanziati da coperture non ancora definite e da una forte revisione della spesa (3,8 e 10,8 miliardi)».

Relativamente agli interventi questi «riguardano per il 53% una riduzione del gettito fiscale e contributivo (a supporto delle famiglie a basso reddito), per il 17% i trasferimenti a famiglie e pubblica amministrazione (altre uscite correnti), per il 15% le misure a sostegno di imprese ed enti locali (contributi agli investimenti), per l’8% quelle per pubblico impiego e sanità (consumi collettivi), per il 3% gli investimenti pubblici e per un ulteriore 3% le altre maggiori uscite».

Ma le coperture sul 2024, sono definite solo in parte: «due terzi di queste figurano come “altre minori spese” e “altre maggiori entrate” (rispettivamente per 7,2 e 1,5 miliardi), ma nel Documento programmatico di bilancionon si precisa a cosa si riferiscano. Risparmi di spesa sono previsti derivare dalla razionalizzazione della spesa corrente e la rimodulazione di quella in conto capitale (2,3 miliardi) e da misure in materia pensionistica (1,2 miliardi)», concludono gli economisti di Confindustria, aprendo ad uno scenario politico economico sempre più difficile per il governo Meloni, stretto tra le necessità di tenere sotto controllo i conti pubblici e le spinte dei partiti ad allargare la spesa per accalappiare il consenso in vista di un 2024 ricco di appuntamenti elettorali: dalle Europee di giugno al rinnovo di 5 regioni e decine di comuni.

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