Crescita del Pil: Italia meglio di tutti gli altri “grandi” dell’Ue

Secondo la Cgia, nel periodo 2019-2023 il Belpaese ha fatto meglio con un +3% contro il +2,3 della Spagna, il +1,8 della Francia e il +0,7 della Germania.

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Nonostante il rallentamento dell’economia registrato in questi ultimi sei mesi a seguito di una congiuntura internazionale molto difficile, l’Italia ha superato meglio dei suoi principali competitor europei gli effetti negativi provocati dalla crisi pandemica, dal caro energia e dalla crescita esponenziale registrata dai tassi di interesse in questo ultimo anno e mezzo, con una crescita del Pil superiore: tra il 2019 (anno pre-Covid) e il 2023, l’Italia ha segnato una variazione del Pil del +3%, contro il +2,3% della Spagna, il +1,8% della Francia e il +0,7% della Germania.

Il turismo, la manifattura, i consumi delle famiglie, gli investimenti e l’export hanno sostenuto la crescita del Pil che, come sottolinea l’Ufficio studi della Cgia, è stata la piùbrillante” tra i principali Paesi dell’Eurozona. Un andamento positivo che nello scorso mese di ottobre ha spinto il tasso di occupazione a toccare il 61,8%. Grazie a ciò, in Italia si contano quasi 23,7 milioni di addetti, un record mai raggiunto in precedenza.

Comunque i problemi non mancano e le difficoltà che da decenni assillano l’Italia sono sempre all’ordine del giorno. Povertà, disoccupazione femminile, lavoro nero, tasse, burocrazia, evasione, inefficienza cronica della pubblica amministrazione – salvo qualche lodevole eccezione – e debito pubblico in continua crescita sono i principali punti di debolezza che frenano da almeno 20 anni la crescita nazionale. Malgrado ciò, si può affermare che da qualche anno l’Italia non è più l’ultima ruota del carro europeo.

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Il Paese va, nonostante le chiusure delle attività, i divieti alla mobilità e la contrazione dei consumi provocata dal Covid nel biennio 2020-2021; l’aumento dei costi delle bollette di luce e gas esploso nell’estate del 2022 e l’impennata dei tassi di interesse determinato dalla Banca Centrale Europea per raffreddare il tasso di inflazione che in Italia nell’ultimo trimestre dell’anno scorso ha sfiorato il 12%; le misure economiche/sociali messe in campo dagli ultimi esecutivi per mitigare queste difficoltà hanno sortito l’effetto sperato. Ovvero, hanno evitatouna crisi sociale e garantito una ripresa dell’economia che nessuno prevedeva. O quasi.

I contributi a fondo perduto, ristori, indennizzi, misure di sostegno al reddito, crediti di imposta, etc., tra il 2020 e il 2022 i governi Conte 2 e Draghi hanno iniettato nel sistema economico e sociale ben 180 miliardi di euro, tutti a debito. Per mitigare il caro bollette, i governi Draghi e Meloni hanno erogato altri 90 miliardi di euro di aiuti, pure questi a debito. Complessivamente, quindi, sono stati stanziati oltre 270 miliardi che hanno “anestetizzato” in gran parte gli effetti negativi provocati dalla pandemia e dal caro energia, specie a favore dei dipendenti, decisamente meno per i lavoratori autonomi. Anche se non sempre questi soldi sono stati spesi bene e/o sono finiti nelle tasche di chi ne aveva più bisogno. Questo incremento della spesa, inoltre, ha contribuito ad aumentare decisamente il debito pubblico nazionale che rimane tra i più alti al mondo.crescita del Pil

Tra i 20 paesi dell’Euroarea, quelli demograficamente più piccoli hanno registrato la crescita del Pil più elevata. Rispetto al periodo pre-Covid, l’Irlanda è cresciuta del 33,1% (complice anche politiche fiscali estremamente attrattive), Malta del 14,4%, Cipro del 14,2%, la Croazia del 13,4%, la Lituania dell’8,3% e la Slovenia del 7,7%. Per contro, i paesi più importanti hanno registrato delle variazioni nettamente inferiori: l’Italia ha fatto segnare un +3%, la Spagna un +2,3%, la Francia un +1,8% e la Germania un modestissimo +0,7%. La media europea è stata del +3,5%. Nel 2023 la previsione di crescita italiana dovrebbe essere del +0,7%, un dato nettamente inferiore al +2,4% stimato alla Spagna e leggermente più contenuto rispetto al +1% in capo alla Francia. La Germania, invece, con una variazione del -0,3% rispetto al 2022 rimane in recessione.

A livello territoriale italiano, la regione che meglio delle altre ha superato le crisi che si sono abbattute nel Paese in questi ultimi 4 anni è stata la Lombardia che, rispetto al 2019, è cresciuta del 5,3%. Seguono l’EmiliaRomagna con il +4,9%, la Puglia con il +3,9%, il Friuli Venezia Giulia con il +3,5%, il Trentino Alto Adige con il +3,4% e il Veneto con il +3,3%. Tra le 20 regioni presenti in Italia solo la Liguria e la Toscana non hanno ancora recuperato il terreno perso con il Covid e le crisi successive: la prima deve ancora recuperare 0,8 punti di Pil rispetto al 2019, la seconda addirittura due.

A trainare l’economia del Paese nel 2023 saranno Lombardia e Veneto. In queste due regioni il Pil è destinato a crescere dello 0,9% rispetto al 2022. Seguono ad una incollatura Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Lazio tutte con il +0,8%. Subito dopo l’Emilia Romagna, la Valle d’Aosta, il Piemonte e la Toscana che sono previsti e in crescita del +0,7%. In coda alla graduatoria si collocano la Basilicata e le Marche che registreranno un aumento del prodotto interno lordo rispetto all’anno scorso del +0,3%.

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