Strategia economica a zig-zag del governo Meloni

Si vuole combattere l’inflazione, ma si contribuisce a rialzarla portando l’Iva sulle bollette energetiche dal 5 al 22%. Il rilancio della produzione nazionale di auto non passa attraverso gli incentivi all’auto elettrica fino a 13.750 euro a pezzo.

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Qual è la reale strategia economica del governo Meloni? La domanda è affatto peregrina, stando alle scelte politiche degli ultimi mesi, che spesso finiscono per contraddirsi tra di loro, disorientando investitori e consumatori.

L’inflazione sta dando segnali di calo sull’onda del calo delle quotazioni internazionali delle materie energetiche, dando respiro ai conti di famiglie e aziende, anche se all’orizzonte si stagliano già possibili rialzi sulla spinta delle tensioni internazionali in Medio oriente, complice le difficoltà del passaggio delle merci attraverso il Mar Rosso, costringendo le navi su rotte più lunghe – e costose – attorno al periplo dell’Africa.

In questo scenario parzialmente positivo, il governo Meloni ha inaugurato il 2024 cancellando lo sconto sull’Iva delle bollette energetiche, riportandole dal 5% al 22%, con un aumento netto sulle bollette di gennaio del 9% che finirà inevitabilmente a scaricarsi sui conti di famiglie ed imprese, assieme al ripristino dei costi di sistema prima fiscalizzati.

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Se il governo Meloni voleva combattere l’inflazione che penalizza l’economia nazionale avrebbe fatto bene a contenere il rincaro dell’Iva, fermandosi al 10% anche per semplificare una situazione per cui solo la parte fino a 480 metri cubi di consumo di gas metano è agevolata, mentre la quota eccedente è soggetta al 22%, nonostante che l’utilizzo del gas per il riscaldamento non sia affatto un lusso, specie nelle zone di montagna. Il ritorno dell’Iva sul gas al 22% nel 2024 farà alzare la bolletta di 162 euro all’anno a famiglia, mentre il rispristino degli oneri di sistema costerà altri 45 euro annui.

Dall’energia alla produzione di auto. Negli ultimi anni, la fabbricazione nazionale di veicoli è crollata verticalmente a meno di mezzo milione di pezzi, con forti ripercussioni sull’occupazione e sul gettito fiscale. Logico che il governo Meloni voglia rilanciare la produzione nazionale anche per trainare gli investimenti nella ricerca e sviluppo di nuove tecnologie collegate al settore, oltre all’occupazione.

Peccato solo che gli incentivi all’acquisto di veicoli nuovi che lo stesso governo Meloni sta per approvare prevedano forti – e ingiustificatisostegni a chi acquisterà un’auto elettrica – con un incentivo massino fino a 13.750 euro – quando i consumatori hanno già dimostrato oltre ogni dubbio di non gradire questo genere di prodotto, oltretutto non prodotto su lasga scala a livello nazionale, soggetto ad eccessivi vincoli di utilizzo, tassi di svalutazione maggiorati, maggiori costi di gestione e riparazione.

Se il governo Meloni con la propria strategia economica volesse effettivamente rilanciare la produzione nazionale di veicoli e il ricambio del parco circolante nazionale obsoleto, avrebbe dovuto passare attraverso un incentivo all’acquisto di 3-4.000 euro per ogni veicolo nuovo indistintamente dalla tecnologia, senza sprecare soldi che vanno solo a sostenere le importazioni dalla Cina e le scelte sballate di qualche strapagato manager industriale che ha cavalcato le scelte politiche farlocche della Commissione europea, destinate ad essere cambiate al prossimo giro elettorale.

Per rilanciare effettivamente l’economia nazionale servirebbe una strategia economica meno oscillante e generatrice di contrasti che finisce solo per sprecare vagonate di denaro pubblico che al Paese difetta sempre di più.

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