Concordato fiscale preventivo per le partite Iva

Il governo Meloni approva il decreto legislativo. Novità fiscale importante per 4 milioni di contribuenti che assicurerà maggiore gettito fiscale e più sicurezza a chi lavora in proprio.

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Concordato fiscale preventivo

Per 4 milioni di partite Iva arriva il concordato fiscale preventivo biennale, un patto con il Fisco con cui lavoratori autonomi e piccole imprese potranno vedersi “congelate” per due anni le tasse da pagare previo il raggiungimento di un accordo amichevole tra le parti.

Si tratta di una novità di notevole importanza che costituisce una nuova tappa del riassetto tributario voluto dal governo Meloni con l’approvazione della legge delega e che con tutta probabilità bisserà il successo già ottenuto con il regime forfettario al 15%.

Rispetto alle prime proposte, la versione finale del decreto legislativo del concordato fiscale preventivo prevede un allargamento delle maglie di chi può aderirvi, visto che è stato tolto il limite del possesso di una buona pagella fiscale con voto almeno di 8, mentre si conferma la necessità di non avere pendenze tributarie superiori ai 5.000 euro. Allargamento che ha fatto gridare le opposizioni al varo di un nuovo condono, cosa che il governo Meloni smentisce decisamente, visto che l’obiettivo principale del provvedimento è combattere l’evasione.

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Il concordato fiscale preventivo è contenuto nel settimo dei decreti attuativi della riforma fiscale con cui il viceministro dell’Economia Maurizio Leo sta cercando di dare al Fisco nazionale un volto più amichevole, visto che l’atteggiamento minaccioso e repressivo tipico degli ultimi decenni di contenzioso tributario non ha portato a successi, tutt’altro.

Dopo il primo tassello, posto con la “cooperative compliance” per le aziende di grandi dimensioni, questo provvedimento completa la nuova immagine del rapporto «collaborativo e di fiducia» tra amministrazione finanziaria e contribuente, spiega Leo, che scommette sul concordato fiscale preventivo anche per il recupero di nuovo gettito. Le risorse che verranno raccolte «serviranno anche per completare le fasi successive della riforma fiscale», ricorda Leo, con l’obiettivo, puntualizza, che «attraverso l’emersione di questa materia imponibile si possa ulteriormente incidere sulla riduzione delle aliquote Irpef».

Il concordato fiscale preventivo interessa 4 milioni di partite Iva (2,42 milioni di soggetti sottoposti agli indici sintetici di affidabilità, gli ex studi di settore e 1,7 milioni di forfettari), che potranno ricevere una proposta dal Fisco sulla base della quale pagare le tasse nei due anni successivi.

La maggiore novità, che accoglie i rilievi del Parlamento, oltre all’ampliamento della platea, inizialmente circoscritta ai soli soggetti con un voto di almeno 8 nelle pagelle dell’affidabilità fiscale, a tutti i contribuenti, compresi quelli in odore di evasione. Salta la richiesta di porre un tetto del 10% al reddito, mentre – sempre su richiesta delle commissioni parlamentari – viene dato più tempo ai contribuenti per aderire: potranno farlo entro il 15 ottobre. Anche perché l’amministrazione finanziaria è in ritardo nel definire gli schemi di analisi e proposta finanziaria da sottoporre al contribuente.

La scelta di allargare il perimetro alle partite Iva con le pagelle fiscali peggiori, però, preoccupa le opposizioni, che vengono rassicurate dallo stesso Leo: «l’obiettivo è proprio quello di contrastare i fenomeni elusivi. Il problema è legato al numero dei controlli per chi ha un punteggio inferiore all’8: siccome non ne vengono fatti tanti, o li portiamo tutti più su o rischiamo che continuino a non dichiarare».

Il decreto legislativo introduce anche novità sull’accertamento. In particolare, l’amministrazione finanziaria non potrà più emettere l’atto «se non previo contraddittorio con il contribuente». Si interviene anche sull’atto di recupero, alla luce delle «tante operazioni poco trasparenti, ad esempio sul versante del Superbonus», spiega Leo: la novità è l’ampliamento dei termini di controllo, da 5 a 8 anni, «per recuperare – precisa – quelle patologie riscontraste soprattutto nell’utilizzo indebito dei crediti di imposta».

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