Tagli alla sanità: le regioni contrarie annunciano ricorso alla Consulta

Richiamo della Ragioneria alle regioni: «non usare i fondi Lea per coprire inefficienze».

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tagli alla sanità

Le regioni alzano gli scudi contro i tagli alla sanità, a partire da quelli al Pnrr, denunciano compatte. E se il governo Meloni non cambierà rotta, annunciano che ricorreranno alla Corte Costituzionale.

Netta la richiesta delle regioni contro i tagli alla sanità: abrogazione del titolo 1 comma 13 del dl Pnrr che taglia 1,2 miliardi alle regioni relativi prevalentemente a opere per la sicurezza sismica delle strutture ospedaliere, o un impegno formale per la reintegrazione dei fondi, chiede al governo la Conferenza delle Regioni guidata da Massimiliano Fedriga in un parere. Se questo non dovesse avvenire, le regioni sono pronte a rivolgersi alla Consulta. «Utilizzeremo tutti i canali della collaborazione e anche quelli di non collaborazione, se necessario, per tutelare il più possibile il Servizio sanitario nazionale – afferma Fedriga -. Penso che sia un obiettivo di tutti, in primis del governo, dare una risposta che possa migliorare la risposta sanitaria del Paese. Da una interlocuzione informale abbiamo visto un’apertura del governo».

Quanto all’uso inappropriato delle risorse già finalizzate ai Lea, la Ragioneria di Stato è netta: «si chiede al ministero della Salute, in occasione del riparto delle disponibilità finanziarie del Ssn per il 2024, e per i successivi anni di rendere indisponibili le risorse preordinate all’entrata in vigore delle nuove tariffe e quelle per l’aggiornamento dei Lea, pari a 631 milioni di euro per il 2024 e a 781 milioni dal 2025, fino all’effettivo utilizzo delle risorse per le finalità indicate. Ciò anche al fine di salvaguardare gli obiettivi assistenziali ed evitare di coprire inefficienze regionali».

Questo perché tali fondi, «assegnati alle regioni, in mancanza di provvedimenti attuativi, sono stati comunque utilizzati per coprire altre occorrenze della spesa sanitaria e soprattutto inefficienze o squilibri dei servizi sanitari. E forse questo – scrive ancora la Ragioneria – è il principale motivo per la richiesta di proroga da parte regionale». Lo slittamento al 2025, avverte inoltre, rischia di aumentare ulteriormente il divario tra le regioni.

Alle critiche delle regioni sui tagli alla sanità ha risposto il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, sottolineando che «nel nostro Paese c’è la necessità di una importante revisione del Ssn. Liste d’attesa, carenza di medici, finanziamento sanitario: sono tutte questioni che affrontiamo da 16 mesi, ma che affliggono la nostra sanità pubblica da almeno 15 anni, quando a governare non era questa compagine politica». Il Governo Meloni, replica Gemmato, «rimette la salute al centro dell’agenda politica, ed è doveroso ribadire che questo esecutivo ha appostato sul fondo sanitario la cifra record di 134 miliardi di euro per il 2024, con un investimento di oltre 11 miliardi per il prossimo triennio».

Secondo Unimpresa, la spesa sanitaria in Italia è destinata a calare sistematicamente e costantemente nei prossimi anni: se nel 2022 la salute pesava, sul bilancio dello Stato, per il 6,7% del Pil, questa percentuale è scesa al 6,6% nel 2023 e si attesterà al 6,2% sia nel 2024 che nel 2025, per poi scendere ulteriormente fino al 6,1% nel 2026.

In termini assoluti, invece, si va dai 131 miliardi di euro del 2022 ai 134 miliardi del 2023; Secondo il Centro studi Unimpresa, nel 2024 il dato finale dovrebbe risultare in calo a circa 133 miliardi, mentre dovrebbe salire a 136 miliardi nel 2025 e a quasi 139 miliardi nel 2026. In generale, è previsto un dimagrimento complessivo per tutto il bilancio pubblico, tant’è che la spesa totale scenderà sotto il 50% del Pil nel 2026: dal 56,1% del 2022 al 53% del 2023, dal 50,6% del 2024 al 50,3% del 2025. La spesa per gli interessi su Bot e Btp sarà oltre quota 100 miliardi nel 2026.

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