Parmigiano Reggiano, calo del 40% delle quotazioni

Cia si impegna per ottenere 60 milioni di aiuti dal Governo. Parte l’azione di ritiro dal mercato delle forme per avviarle alla stagionatura rafforzata.

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Parmigiano Reggiano magazzino forma grana aperta

La profonda crisi commerciale del Parmigiano Reggiano spinge il vice presidente della Cia Emilia Romagna, Antenore Cervi, a chiedere al Consorzio e al governo BisConte provvedimenti urgenti per sostenere il mercato che ha raggiunto quotazioni eccessivamente basse che non riescono più a remunerare il lavoro dei caseifici e degli stessi produttori di latte.

Il Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano per cercare di frenare il calo del 40% delle quotazioni ha avviato un piano di ritiro delle forme di formaggio dal mercato e la Cia s’impegna per ottenere 60 milioni di aiuti dal Governo. Cia Emilia Romagna ritiene innanzitutto «fondamentale riequilibrare il mercato. Gli ultimi rilevamenti vedono a maggio la produzione di 347.704 forme rispetto alle 334.267 di 12 mesi fa: un dato che conferma ancora una volta la preoccupante crescita. Per cercare di invertire la tendenza, il piano del Consorzio prevede la disincentivazione della produzione attraverso i piani produttivi e l’incentivazione a destinare il latte per il Parmigiano Reggiano ad altri formaggi: sono obiettivi da centrare ad ogni costo perché è su questo che si decideranno le sorti».

«Oltre che dalle risorse del bilancio del Consorzio – sottolinea Cervi -, le azioni del piano sono però supportate anche dalle misure nazionali. Cia è impegnata “sul campo” da settimane per chiedere con forza 60 milioni di euro provenienti dai decretiLiquidità” e “Rilancio”. In particolare, sono necessari i fondi emergenziali per le filiere in crisi e quello per gli indigenti, per poter ritirare il prodotto in eccedenza e alleggerire l’esubero dell’offerta. Un aiuto fondamentale per cercare di uscire indenni dalla tempesta».

Il vice presidente regionale Cia prosegue sul piano: «l’impegno economico per acquistare dai caseifici 320.000 forme (160.000 dell’ultimo quadrimestre 2019 e 160.000 del primo quadrimestre 2020) è sostanzioso: ben 100 milioni di euro. Ma il provvedimento può però avere effetti positivi solo se troverà un vigoroso supporto dal programma di marketing che dovrà aprire nuovi mercati nei quali immettere il formaggio. Tutto ciò dovrà avvenire in massima sinergia con tutti i soggetti della filiera, soprattutto con i grandi stagionatori che stanno commercializzando il “Re dei formaggi”. La situazione va monitorata passo dopo passo per scongiurare che l’operazione si trasformi in un semplice prolungamento delle forme in commercio. Sarebbe un fallimento».

Cervi auspica infine che le misure previste servano a invertire «il prima possibile l’andamento delle quotazioni, attualmente al di sotto dei costi di produzione per gli allevatori, che hanno investito economicamente sul Parmigiano Reggiano e ora si trovano in crisi. I consumatori hanno continuato ad acquistare il “Re dei formaggi” a prezzi normali sugli scaffali, mentre i produttori hanno visto crollare i margini. La zootecnia è un settore trainante dell’economia regionale ma in questa situazione si rischia di vedere il fallimento di tantissime imprese».

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