Perché non riconoscere il “merito del credito” ai comuni?

A fronte di ingenti capitali immobiliari e finanziari, spesso gli enti locali non riescono a contrarre mutui anche di piccola entità per realizzare opere pubbliche. Di Paolo Farinati, già assessore alle Finanze, alle Attività economiche e alle Società partecipate del comune di Rovereto 

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merito del credito
L'Euro nei vari tagli di moneta metallica.

Il “merito del credito”, come ben sappiamo, è il risultato finale, ottenuto attraverso specifici parametri o indicatori, in primis la capacità di produrre reddito e la solidità patrimoniale, con cui una banca decide se siamo meritevoli di avere dalla stessa, come singole persone o singole aziende, un suo finanziamento.

Siamo davanti, quindi, ad una procedura che coinvolge principalmente il mondo dei soggetti privati.

Ma cosa succede per gli enti pubblici, in particolare per quelli più vicini a noi cittadini come i comuni? Sono soggetti anch’essi che incassano, spendono e investono. Certamente godono di finanziamenti da parte di enti superiori, come le province, le regioni, lo stato e sempre più spesso anche l’Unione europea. Sono per i comuni, comunque, entrate che devono essere richieste, contrattate e, proprio per questo, non sempre sicure e dai tempi per nulla certi e anzi spesso assai lunghi. A scapito delle nostre comunità, che attendono invece risposte tempestive.

Le finanze pubbliche italiane, dato l’imponente debito statale, oggi ormai giunto a 2.700 miliardi di Euro(!), equivalente a circa il 150% del Pil nazionale, sono da più decenni sotto l’opportuna lente di controllo dei vari governi nazionali e anche e soprattutto dell’Unione europea. Abbiamo vissuto per molti anni sotto stringenti e necessari Patti di stabilità, fino ad applicare oggigiorno dei vincoli molto stringenti, che praticamente hanno significato il blocco all’accensione di nuovi mutui da parte dei comuni. Pur nel rispetto delle suddette norme, fino a pochi anni fa, un comune poteva accedere, per finanziare i propri investimenti, a mutui presso la Cassa Depositi e Prestiti oppure presso un istituto come il Mediocredito o una banca ordinaria. Vi era una certa “libertà di azione”, chiaramente garantendo l’equilibrio finanziario del bilancio annuale e pluriennale di quel comune.

L’attuale sostanziale blocco dei mutui vige evidentemente anche per i comuni trentini, i quali da qualche anno hanno pure “girato” alla Provincia autonoma di Trento i mutui preesistenti, rimborsando comunque annualmente alla stessa Provincia le rate di ammortamento di quei finanziamenti.

Va da sé che tale regola vale indistintamente per tutti i comuni trentini, ovvero per comuni più grandi come Trento e Rovereto, come per quelli più piccoli. È evidente che questo in termini di “merito del creditonon è giusto e nemmeno, per conto mio, efficace nel garantire alle nostre comunità i necessari investimenti e la conseguente miglior qualità della vita.

Trento e Rovereto, ad esempio, in vari ambiti, cito solo la sanità, la scuola e la mobilità, si fanno carico da sempre di oneri e di opere di cui beneficiano anche i cittadini di altri Comuni. La PAT ne tiene conto, sia beninteso, ma non sempre in termini di equità, di efficienza e di tempestività.

Qui si deve tener conto anche del patrimonio dei singoli comuni. Trento ha nel proprio bilancio un patrimonio stimabile in ben oltre 1,5 miliardi di Euro; mentre il patrimonio del comune di Rovereto è di quasi 700 milioni di Euro. Entità certamente consistenti e disponibili: leggasi ad esempio le azioni possedute dai due comuni, direttamente e indirettamente, del Gruppo Dolomiti Energia, una partecipazione stimabile, per ognuno dei due comuni, in ben oltre 200 milioni di Euro.

Ebbene, si arriva al paradosso che il comune di Rovereto, nonostante il suo considerevole patrimonio, oggi non può contrarreun mutuo di appena sei milioni di Euro, per costruire da sé o tramite la sua società municipalizzata SMR, un parcheggio interrato in Piazzale Achille Leoni, detto anche Follone, e risolvere una volta per tutte l’annoso problema dei parcheggi in città.

Lungi da me il creare una disputa banale e anacronistica tra comuni grandi e piccoli del Trentino. Certo è, però, che un’applicazione equa e rigorosa del “merito del credito” ai nostri comuni potrebbe favorire l’unione di molti di essi. Con il risultato di avere meno comuni ma più solidi, sia finanziariamente che patrimonialmente, e, quindi, più capaci di rispondere concretamente alle attese dei cittadini. Una razionalizzazione amministrativa e finanziaria attesa da tempo. Scrivo questo anche in considerazione della nostra Autonomia speciale, che ci dovrebbe portare sempre e dovunque a fare meglio con meno risorse.

In conclusione, invito coloro che amministrano la nostra Provincia di Trento e i nostri sindaci a riflettere su queste ipotesi e su questi scenari. Il merito, in ogni ambito della nostra vita, va sempre e ovunque riconosciuto e premiato. Individuare il livello del “merito del credito” per ogni singolo comune deve portare a distinguere e a gratificare oggettivamente i bravi pubblici amministratori. Senza alcuna invidia, ma con chiarezza, equità e trasparenza. Solo così si darebbe concreta risposta anche alle giuste comprensibili ambizioni di ogni nostra comunità. Il Trentino, da iniziale territorio molto povero, ha saputo con visione, lungimiranza, determinazione e coraggio costruire nei decenni il suo attuale benessere. Lo possiamo certamente migliorare, dobbiamo saper alzare sempre l’asticella della qualità della vita dei nostri concittadini. Le idee e gli strumenti ci sono. Da qui possiamo dar vita a nuovi migliori modelli di gestione della “cosa pubblica”, possiamo offrire ad altre comunità degli esempi virtuosi e plausibili. Ma dobbiamo crederci noi per primi.

 

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